Anche meno
Sforzarsi non solo non serve. Ma è pure controproducente. Perché le competenze delle donne non sono un pozzo da cui attingere a gratis, spiegato facile.
Fare meno per fare di più. Saper fare luce ma scegliere quando spegnere. Rilassare la spalle, i muscoli tutti, accettare il flusso delle cose senza per forse indirizzarlo, non sforzarsi: ci serviamo riposate. E invece siamo ancora e sempre in affanno. In un modo che è così strutturale e radicato da diventar capace di mascherarsi nelle vesti di una “sensazione”. Non è una sensazione. Né una condizione personale. Se siamo stanche - e lo siamo tutte in modo diverso - c’è un motivo. La fatiche delle altre la sentiamo addosso insieme alla nostra. Stanche di dare di più e di ricevere di meno, stanche di doverci contare per assicurarci che ci siamo tutte, stanche di fare fatica, di sacrificarci e raccontarci che questo è amore.
Il divario pensionistico tra donne e uomini cresce in modo allarmante da €3900 nel 2001 a €6100 nel 2021, superando la media europea.
La causa? Un sistema pensionistico che penalizza le donne per carriere discontinue e l’occupazione part-time.
Da dove arriva questa tipologia di sistema pensionistico che discrimina le donne? Ancora una volta, dal ruolo sociale che alle donne viene assegnato e che grava sulla loro carriera.
La persistente suddivisione dei ruoli all’interno delle unità familiari continua ad assegnare alle donne la maggior parte del lavoro di cura, specialmente i compiti legati all’assistenza dei bambini e degli anziani. Non sorprende, quindi, che l’effetto del matrimonio sul reddito pensionistico individuato da questo studio differisca a seconda del genere.
Gli uomini non sposati registrano una pensione inferiore del 10,7% rispetto a quanti sono sposati. Al contrario, le donne nubili percepiscono una pensione più alta dell’8% rispetto a quelle sposate.
Dunque: non solo non so se avrò mai una pensione. Ma probabilmente, se l’avrò, questo è il quadro poco rassicurante in cui dovrò muovermi. Che si potrebbe fare nel frattempo? Quello che viene detto e che non si fa:
estensione del congedo di paternità per promuovere una distribuzione più equa delle responsabilità familiari
investimenti per asili e cura degli anziani (si legge pure “liberare il tempo delle donne”)
rimodellare il sistema pensionistico, tenendo conto delle caratteristiche che portano le donne a percepire prestazioni pensionistiche inferiori. Ad esempio, implementando criteri di eleggibilità che consentano interruzioni di carriera o lavoro part-time.
redistribuire i carichi familiari. Diversi studi evidenziano che un aumento delle ore dedicate ai lavori domestici è associato a salari più bassi, con gli uomini sposati che dichiarano di dedicarvi meno tempo rispetto alle donne.
In questa prospettiva, la vincitrice del Nobel 2023, Claudia Goldin, sottolinea il ruolo dei cosiddetti “greedy jobs”, ossia occupazioni che richiedono e talvolta ricompensano finanziariamente lunghe ore di lavoro e sforzi al di fuori degli orari o dei giorni di lavoro convenzionali.
Per parlare davvero del lavoro della donne, dobbiamo parlare anche di cura. E, quando imposta, a me viene naturale una reazione: quella escogitata dalla protagonista de “Il mio anno di riposo e oblio” e raccontata dalla scrittrice Ottessa Moshfegh. Mettermi in orizzontale e dormire. Non fare niente per fare tutto. Scegliere l’oblio e rivendicarlo. Esattamente come scrive Moshfegh:
Finalmente stavo facendo qualcosa che aveva davvero senso. Dormire mi sembrava produttivo, come se qualcosa venisse risolto. Sapevo in fondo al cuore – e questa era forse l’unica cosa che sapevo in quel periodo – che se fossi riuscita a dormire abbastanza sarei stata bene. Mi sarei sentita rinata, nuova. Avrei potuto diventare un’altra persona, ogni cellula rigenerata tante volte così che quelle vecchie sarebbero state solo memorie sfocate, distanti. La mia vita passata sarebbe stata solo un sogno, e avrei potuto ricominciare senza rimpianti, rafforzata dalla beatitudine e dalla serenità accumulata nel mio anno di riposo e oblio.
Sono settimane in cui mi chiedo perché sono sempre così stanca. E così si sentono così pure amiche, sorelle, madri, colleghe. Il motivo è preciso: diamo di più e riceviamo di meno. Accade nel lavoro. Accade nelle relazioni di qualsiasi tipo (non solo romantiche) dove, oltre al dato di fatto, c’è l’aspettativa e lo stereotipo legato alla cura femminile.
Lo dicono le evidenze del report di Save the Children “Le Ragazze Stanno Bene?”, svolto su un campione rappresentativo di 800 ragazzi e ragazze di età compresa tra i 14 e i 18 anni.
Quasi il 70% degli adolescenti interpellati ritiene che le ragazze siano più predisposte a piangere dei maschi, maggiormente in grado di esprimere le proprie emozioni (64%), così come a prendersi cura delle persone in modo più attento (50%). Ne deriva “un’incompetenza strategica” a riguardo per cui, a sforzarsi e “sacrificarsi” di più - anche nella gestione relazionale - sono le donne.
L’immagine che prevale tra gli adolescenti è quella per cui le ragazze siano più competenti da un punto di vista affettivo e relazionale. Lo siamo. Perché abbiamo imparato e stiamo disimparando. Ma la competenza non è un dovere. Il sano oblio, invece, a volte è un bisogno. E sempre è un diritto.
Riposatevi, riposiamoci.
Voglio una pelle splendida, le coccole e 12 ore di sonno.
📰 Rassegnami
Le ragazze (non) stanno bene: il report di Save the Children spiega perché
Pur sentendomi usurpata nel nome, ne ho scritto per The Wom: i dati del rapporto di Save the Children mettono in guardia. Le ragazze non stanno bene. E serve saperlo.Festival di Sanremo 2024, perché ogni palco può diventare politico
Chiudere il cerchio sanremese con un reportage finale in cui mi sento 100% io.
Grazie sempre ad Alley Oop per dare spazio, voce e profondità di analisi alle cose.
Violenza sulle donne, Linda Laura Sabbadini: “Su stupro passo indietro, appello a bocciare la direttiva Ue”
Anche la delegazione italiana del Women20 si unisce all’appello dei movimenti delle donne contro la direttiva europea sulla violenza su cui è stato raggiunto l’accordo tra Consiglio e Parlamento. Ne scrive Manuela Perrone. Qui, invece, Ilaria Potenza intervista sul tema Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo.
Il Me Too blocca le lezioni all'Università di Torino
L'onda MeToo che è partita da Torino fa intravedere all'orizzonte un nuovo movimento studentesco, pronto a contestare con forza l'intero sistema universitario italiano. Mentre gli studenti dell'università subalpina manifestano e si preparano per nuove mobilitazioni contro le molestie all'interno dei dipartimenti, il rettore dell'ateneo, Stefano Geuna, annuncia un meeting nazionale sul tema, che si svolgerà proprio sotto la Mole, il 20 marzo. Decisione presa dopo aver parlato anche con la ministra dell'Università Anna Maria Bernini. I giovani non voglio sentire parlare di "mele marce" o di "singoli casi".
Università la Sapienza: in un anno 13 denunce di molestie sessuali da parte di studentesse e tirocinanti
Abusi, apprezzamenti verbali, violenze sessuali da persone che occupano una posizione di potere, da docenti a ricercatori, verso studentesse e tirocinanti: sono 13 quelli denunciati alla Sapienza nel 2023. Ma, affermano da Sinistra universitaria, i casi sono di più.
🎯 Nominare è fare esistere
Solo il 16% delle biografie presenti su Wikipedia riguarda le donne: una percentuale impari e incrementata dal lavoro di Wikidonne. In questo spazio ridiamo spazio: una bio per ogni numero. Storie per riscrivere la storia.
Nina Simone
Lo scorso 21 febbraio avrebbe compiuto 91 anni. Io mi sono innamorata di lei precisamente qui:
Quando Nina Simone morì, il 21 aprile 2003, a settant’anni, fu celebrata come una delle più importanti musiciste del Novecento. Era un riconoscimento non scontato, perché nella sua lunga carriera iniziata negli anni Cinquanta Nina Simone aveva attraversato lunghi anni di oblio durante i quali era passata di moda, soprattutto negli Stati Uniti. Il giorno dopo la sua morte, avvenuta nel sonno per un tumore al seno, nella sua casa di Carry-le-Rouet, nel sud della Francia, dove si era trasferita dieci anni prima, Le Monde la ricordò che “suonava il piano vestita in pelle di pantera indossando un turbante”. Il New York Times scrisse: “Sebbene sia stata più spesso descritta come una cantante jazz, era impossibile da classificare… Negli anni Sessanta nessun interprete musicale è stato identificato in modo più stretto con il Movimento per i diritti civili”.
Labodif racconta Nina Simone in un’immagine precisa:
Auguri Nina Simone.
Che oggi compiresti 91 anni.
Prima di essere Nina Simone ti chiamavi Eunice Waymon, hai 10 anni e stai per dare il tuo primo concerto. È il 1943. Al municipio di Tryon ci sono tutti: sindaco, capo della polizia e le altre autorità. La comunità bianca di quella piccola città ha scommesso su di te e sul tuo sogno di diventare la prima concertista classica nera americana.
C’è soprattutto la tua straordinaria maestra Miz Mazzy, la prima a scoprire il tuo talento. Il concerto sta per iniziare.
Tua madre e tuo padre ti guardano con orgoglio in prima fila. Entra una coppia di bianchi che chiede loro di cedere il posto.
Tu ti alzi dallo sgabello “Non suonerò se i miei genitori non rimangono ai loro posti”.
Nella sala cade il silenzio.
La coppia bianca va a sedersi dietro.
Quella bambina ha vinto. Il concerto è un trionfo. Eppure quella notte qualcosa ti incrina. Le insicurezze, lo sguardo del mondo.
“Ero programmata per diventare una stella del pianoforte classico ma ho dovuto accettare un lavoro in un nightclub. Appena arrivata mi hanno chiesto se cantavo. Ho detto di no ma hanno preteso che cantassi se volevo tenere il lavoro. Allora ho cantato”.
Così è nata Nina Simone.
Così le curve della vita possono diventare bellezza. Tu hai cambiato la musica.
🌱 La parola
Manganellare
Ovvero: picchiare col manganello. Ovvero: quello che potresti probabilmente subire se oggi protesti.
La logica del manganello impone passaggi logici il cui esito alla fine è quasi automatico: il dissenso va circoscritto, sterilizzato e, anzi, represso. È successo di nuovo ieri, 23 febbraio, durante alcuni cortei contro l’orrore di Gaza e la sorte dei palestinesi. A Firenze, Pisa e Catania la polizia ha caricato ragazze e ragazzi che manifestavano usando senza alcuna remora i manganelli.
“Le cariche violente di cui sono stati vittime studentesse e studenti a Pisa sono un fatto gravissimo, che esige delle spiegazioni e che non può essere derubricato a un incidente o a una cattiva gestione di quella singola piazza. Dal Paese arrivano segnali inquietanti sull’esercizio del diritto di espressione e del diritto al dissenso” ha affermato la segretaria confederale della Cgil Lara Ghiglione.
“Torino, Roma, Napoli, Firenze, Bologna – ricorda la dirigente sindacale – e oggi Pisa: il governo, incapace di rispondere con la politica, gli investimenti, i progetti, risponde alle istanze dei giovani con la Polizia, che sempre più spesso mette in essere azioni di contrasto alle proteste eccessivamente violente e gratuite”.
“Nel Paese negli ultimi mesi – denuncia Ghiglione – si percepisce un clima pesante verso qualsiasi forma di pensiero critico: le minacce di bocciatura per gli studenti che hanno occupato le scuole, invocate dal ministro Valditara, ne sono il segno e hanno il sapore amaro della ritorsione verso coloro che intendano esprimere le loro opinioni”.
"Il governo ha davvero paura delle proteste studentesche a tal punto da censurarle sotto i manganelli? - si chiede in una nota Paolo Notarnicola, coordinatore nazionale della Rete degli studenti medi - Gli studenti continueranno a scendere nelle piazze ad esprimere il loro dissenso, diritto garantito in qualsiasi stato che si possa definire democratico. Massima solidarietà agli studenti aggrediti”.
🍸 Coraggio liquido
Progetti per il futuro: non sottovalutare le conseguenze dei gin che ti piace bere. In ordine, partendo dal 3. N°3 è il London Dry Gin distillato secondo una ricetta di Berry Bros. & Rudd, il più antico “Wine Merchant” di Londra che, ancora oggi, è responsabile della cantina personale della famiglia reale. N°3 prende il nome proprio dal civico 3 di St James’s Street, a Londra, la casa di Berry Bros. & Rudd fin dal 1698. Il bouquet si apre con spezie e frutti, si chiude con una nota piccante, aromatica e calda. Dove firmo?
❤️ L’amore è una playlist
💫 Autodiagnosi e cura
Autodiagnosi: fidarmi, affidarmi, lasciar fare.
Cura: da sempre e come sempre, sorprendersi con tenerezza. Roma, tutta.
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