C'è un'emozione che cresce in me
La settimana del Festival di Sanremo, la primavera che arriva, gli occhiali scuri, le donne e la musica: si va all'Ariston.
Quell’aria notturna che spacca le guance prima che tutto inizi la conosco bene. È una sensazione precisa tra l’adrenalina e la paura che poi trova calma nel caos. Tendere “verso”: quella che sta per iniziare è la settimana del Festival di Sanremo ed è un po’ il rito di passaggio verso la primavera. Se si parla di canzoni viene più facile cominciare ad accorgersi che i fiori sbocciano, la luce dura di più, il corpo sente e risente, tutto passa e anzi migliora perché i petali si sono fatti più generosi e le radici più robuste.
Quest’anno il festival di Sanremo è tutto rose e spine.
Cominciamo dalle spine. Anche quest’anno le cantanti in gara solo solo 9: Loredana Berté, Rose Villain, BigMama, Annalisa, Fiorella Mannoia, Angelina Mango, Fiorella Mannoia, Alessandra Amoroso. A loro si aggiunge Clara, la prima vincitrice di Sanremo Giovani in 15 anni (prima di lei l’ultima era stata Arisa nel 2009).
Un gap molto sentito e visibile, sottolineato dallo stesso vincitore dello scorso anno, Marco Mengoni, che se ne era rammaricato sul palco dell’Ariston: “Ci sono rimasto molto male che nella cinquina non ci fosse nemmeno una donna. In questo Paese devono cambiare ancora molte cose” aveva dichiarato.
Quasi un anno dopo la situazione permane. Come riporta Wired:
Nonostante la distribuzione del talento all’interno della popolazione italiana sia più che equa, anche nel 2024 le donne in gara sono in netta minoranza: nove su 27 tra i big – 10, volendo contare anche Angela Brambati dei Ricchi e Poveri – e tre su 12 a Sanremo Giovani. Nelle annate precedenti, oscillavano tra poco meno/poco più di un quarto dei partecipanti; proporzioni che tra l’altro rispecchiano quelle della commissione artistica, dove solo una componente su quattro è donna (Federica Lentini, capoprogetto Rai per Sanremo e vicedirettrice prime-time). Siamo ancora lontani dalle pari opportunità di vincere il Festival.
A testimoniare il divario ci sono i numeri:
Il report Gender Gap nella scena musicale italiana elaborato da Spotify nel 2021 che fotografa la presenza di un divario importante tra artisti uomini e donne nel settore.
Le donne rappresentano il 14,1% del totale delle artiste presenti nelle classifiche ufficiali della musica in Italia. In proporzione, è presente 1 artista donna ogni 4,1 uomini. Un Gap, questo, che va riducendosi negli ultimi 4 anni nel mondo degli artisti più giovani e under 30, dove la proporzione uomo-donna diventa di 3,4 contro 1.
Il gap tra donne e uomini è notevole anche se si considera il numero di tracce e album nelle classifiche. Per ciascuna traccia di una artista donna in classifica singoli, se ne rilevano 6 di artisti uomini; per quanto riguarda gli album, il rapporto è di 1 contro 4,6.
L'età media delle donne italiane presenti in classifica è di 37 anni, 8 anni in più rispetto a quelle internazionali e 3 anni in più rispetto agli artisti uomini.
Le donne sembrano anche essere meno coinvolte degli uomini nelle collaborazioni musicali: tra i progetti di artisti uomini, solo il 15% dei titoli vede la presenza di una voce femminile (uomo+donna). Inoltre, il 77% delle collaborazioni proposte dalle artiste è con uomini.
Nonostante la tradizione italiana abbia straordinarie artiste che hanno fatto la storia della musica, le donne nella musica sono meno degli uomini, vengono pagate di meno e ricoprono ruoli minori: "nella musica e nell’arte in generale, il punto di vista femminile è meno sdoganato, meno popolare, e non ha avuto le stesse opportunità di essere ascoltato rispetto a quello maschile - spiega Dario Giovannini, Vice President di PMI - Produttori Musicali Indipendenti, che continua:
La narrazione maschile ha sempre prevalso. L’immaginario femminile deve rappresentare qualcosa di già conosciuto e incasellarsi dentro una narrazione predefinita (da uomini). Il mondo discografico è ancora molto maschile. Si è creato così un ambiente improntato in una direzione, che non è per forza sbagliata, ma non può sempre essere l’unica.
Non va meglio sul fronte della musica dal vivo: basti pensare che nel 2023 in Italia le artiste soliste in cartellone sono state meno del 18% del totale (indagine Equaly).
Lo conferma anche Alessandra Micalizzi, docente e ricercatrice di SAE Institute, per il quale ha recentemente coordinato un’indagine approfondita sul gender gap nell’industria discografica: nell’ambito della ricerca, Micalizzi ha intervistato decine di professioniste del settore musicale, dietro protezione dell’anonimato, per ottenere risposte il più possibile veritiere e non condizionate.
Le evidenze mostrano che la competenza di molte non è riconosciuta, a differenza di quanto accade ai colleghi uomini: vengono valutate solo come performer, anche quando sono cantautrici, produttrici, arrangiatrici. Esistono poi determinati ambiti specifici, come quello della produzione musicale, in cui le cifre della presenza femminile crollano: siamo sotto la soglia del 3%. “C’è la tendenza generalizzata a pensare che le donne non abbiano le capacità tecniche per lavorare in quell’ambito. Chi ci arriva deve dimostrare di essere sempre all’altezza della situazione: viene richiesta una sorta di continua prova del nove che per i colleghi uomini non è mai dovuta” spiega Micalizzi.
Importante: la questione non riguarda solo le artiste, ma anche le addette ai lavori. Anche in quel caso la presenza femminile è scarsa o subordinata a una leadership maschile: “Nel management, nella discografia e nella promozione, le fonti ci dicono che in termini numerici la parità è quasi raggiunta. Il punto, però, è che le donne occupano sempre posizioni di minor potere, oppure sono impiegate soprattutto nella comunicazione, un ambito dove il riconoscimento per il successo di un progetto non è mai esclusivamente loro, ma è corale”
Oltre ad essere meno e a emergere meno, le donne nella musica sono spesso anche più vessate: quanto si evince dal recente questionario sulla violenza di genere condotto dall’associazione Equaly con l’aiuto della sociologa Rebecca Paraciani, che ha visto rispondere decine di professioniste del settore musica (artiste, addette stampa, foniche, discografiche, giornaliste, critiche, manager, promoter). I dati raccolti finora (l’indagine è ancora aperta) evidenziano che ben l’83% dichiara di essere stata discriminata sul lavoro almeno una volta in quanto donna.
Le donne sono meno talentuose o è il gender gap a essere comune a tutto il mondo della cultura, da cui le donne sono state storicamente tenute lontane? Si giustifica l’assenza delle donne con una mancanza di talento femminile ma si tratta di una percezione distorta perché il talento, quando c’è, non ha sesso: il punto, dunque, ancora una volta sono le barriere invisibili all’ingresso. Chi occupa posizioni di potere condiziona i modelli e gli standard di riferimento. Ad esempio, se sei sexy e docile, tanto meglio.
A completare il quadro delle “spine”, un altro aspetto decisamente non trascurabile: le donne nella musica sono le più vessate e lo conferma il recente questionario sulla violenza di genere condotto dall’associazione Equaly con l’aiuto della sociologa Rebecca Paraciani. I dati raccolti finora (l’indagine è ancora aperta) evidenziano che ben l’83% dichiara di essere stata discriminata sul lavoro almeno una volta in quanto donna.
In questa situazione non esattamente rosea, le donne a Sanremo rappresentano una voce ironica e libera che - con la sola presenza - denuncia il (solito) gender gap.
Nilla Pizzi che vince la prima edizione con Grazie dei fiori, Anna Oxa con Un’emozione da poco che nel 1978 anticipa tutti i discorsi sul “gender fluid”, Loredana Bertè con Re che già nel 1986 rivendica un’altra narrazione della maternità indossando un pancione finto.
Mia Martini che 1989 con Almeno tu nell’universo mise a tacere anni di dolore e di malelingue salendo sul palco dove tutto era iniziato. Carmen Consoli, “la cantatessa” che con con la voce graffiante e modulata, quasi “sopra le righe”, nel 1996 canta una orgogliosa proclamazione dell’indipendenza femminile nei confronti di sentimenti artificiali (Amore di plastica, appunto).
E, negli anni dopo, le parole di Madame rivolte a una donna. La sua Voce. La carica erotica e potente di Elodie che unisce corpo e musica. Emma Marrone che sceglie Francesca Michielin per farsi “dirigere”. E tantissime altre donne che non hanno fatto del loro essere tale “categoria a sé” ma contenuto: quello che serve per scrivere. Canzoni comprese.
Buon Sanremo: mi trovate lì, probabilmente con gli occhiali da sole anche di sera ma pronta a raccontare tutto tutto tutto per Alley Oop - Il Sole 24 Ore. Sono pronta? Chissà. Lo sarò? Tantissimo. Quel tacchettio che batte forte su quel tappeto a teatro è tutto quello per cui vale aspettare la primavera. Intravedo i fiori ma intanto ci vediamo in sala stampaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa.
(Preparazione psicofisica a quello che sarà, qui).
📰 Rassegnami
Festival di Sanremo: le cantanti (rivoluzionarie) che hanno stravolto i cliché
Non un semplice palco, ma una kermesse capace di mettere in scena in poche e scintillanti serate lo stato d’animo dell’Italia: il Festival di Sanremo è un termometro di sentimenti, paure, emozioni e cambiamenti. E le donne ne sono da sempre le grandi protagoniste. Ne scrivevo per The Wom.
Teatro, in italia è un’esclusiva maschile: nessuna donna nelle nuove commissioni
Teatro, spettacolo e cultura ancora nelle mani (solo) degli uomini: lo scorso 12 gennaio, sul sito del Ministero della Cultura, sono stati pubblicati i nominativi delle quattro commissioni di esperti che dovranno contribuire alla gestione del Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo. La declinazione al maschile, “esperti”, non è un refuso: nella commissione per il teatro non c’è nemmeno una donna.
Toolkit Interlife: quando lo sviluppo economico è amplificatore di azioni solidali
Toolkit per avviare micro-imprese a conduzione familiare, capaci, non solo di produrre benefici economici ai diretti interessati, ma di innescare anche effetti solidali amplificatori per tutta la comunità: di cosa si tratta.
Scrive Annalisa Camilli: “sono nata nel 1980, un anno prima che fosse abolito il delitto d’onore, due anni dopo la legalizzazione dell’aborto. Porto il cognome di mia madre. Sono nata una domenica mattina con il parto cesareo, rompendo le acque e i piani di mia madre, che aveva previsto di farmi nascere due giorni dopo. E quando nel nido della clinica hanno dato in braccio a mia nonna quel fagottino paffuto appena arrivato al mondo, lei è scoppiata a piangere. Ero nata fuori dal matrimonio e mio padre non solo non voleva sposarsi, ma non voleva nemmeno che nascessi”.
🎯 Nominare è fare esistere
Solo il 16% delle biografie presenti su Wikipedia riguarda le donne: una percentuale impari e incrementata dal lavoro di Wikidonne. In questo spazio ridiamo spazio: una bio per ogni numero. Storie per riscrivere la storia.
Franca Caffa
Io ho sentito quella risposta dal carabiniere ma non ho avuto modo di approfondire. Non so quali fossero le sue reali convinzioni, che sicuramente verranno chiarite. Ha chiesto scusa? Spero allora che questa storia abbia un esito buono per lui.
Franca Caffa, che compirà 95 anni il prossimo 4 settembre.
Ex consigliera comunale di Rifondazione comunista (eletta nel 1993), fondatrice del comitato inquilini Molise-Calvairate-Ponti nel 1979, insignita dell’Ambrogino d’oro lo scorso dicembre, aveva fatto parlare di sé anche lo scorso ottobre, quando aveva chiesto che il suo ritratto venisse rimosso dal Murale dei Diritti realizzato nel quartiere Ortica. Sabato scorso era in prima linea fra i manifestanti Pro Palestina che hanno tentato di sfilare in corteo e sono stati bloccati in via Padova. Il dialogo con il carabiniere, ripreso in un video, è diventato virale. "Cosa ha detto Mattarella?", chiede Caffa, riferendosi alle parole del presidente della Repubblica nella Giornata della Memoria ("Coloro che hanno sofferto il turpe tentativo di cancellare il proprio popolo dalla terra sanno che non si può negare a un altro popolo il diritto a uno stato"). Risposta del militare: "Con tutto il rispetto signora, non è il mio presidente".
L'impegno politico di Franca Caffa, dal'attivismo di quartiere a Palazzo Marino
I primi passi da attivista Caffa li ha mossi nel suo quartiere, il Molise-Calvairate-Ponti. Nel 1979 ha fondato il Comitato Inquilini, con l'obiettivo di difendere i diritti di una comunità che già a quel tempo era vasta ed eterogenea: negli anni è diventato un collettivo solidale autonomo, che si è occupato di organizzare corsi di italiano per i cittadini stranieri alla ricerca di un lavoro, doposcuola per i bambini che non avevano altri posti dove andare, ma anche di garantire assistenza legale per chi non poteva permettersi un avvocato.
La "comunista originaria di Genova", come lei stessa si definisce, è entrata nel Consiglio comunale di Milano candidandosi con Rifondazione Comunista diventando a tutti gli effetti uno dei volti storici della sinistra milanese. Caffa ha sempre improntato la sua vita nella ricerca di un modello di cittadinanza attiva e di impegno sociale per la centralità dei quartieri popolari, senza mai perdere la fiducia nella possibilità di cambiamento e riscatto. Alle elezioni comunali del 2021, nonostante i 92 anni di età, Caffa si era candidata per un posto a Palazzo Marino con la lista Milano in Comune – Sinistra Costituzione, senza riuscire, però, a superare la soglia di sbarramento. Nel 2023, poi, Caffa ha ricevuto l'attestato di civica Benemerenza. Tra le motivazioni che hanno portato a questa decisione, oltre il suo impegno politico, anche il suo "carattere rivoluzionario, critico, controcorrente, a volte spigoloso".
🌱 La parola
Attivismo
La parola “attivismo” ha appena 100 anni, almeno nel suo utilizzo corrente, e deriva dal verbo “essere attivo”. Un attivista è qualcuno che è attivo nella campagne per il cambiamento, normalmente nei problemi politici o sociali.
L’attivismo è ciò che l’attivista fa, cioè, il metodo che si utilizza per portare avanti il cambiamento.
L’attivismo, quando è applicato ai diritti umani, significa difendere i diritti umani ogni volta che sono minacciati o violati a qualsiasi livello. L’attivismo per i diritti umani è quindi un reagire all’ingiustizia, ai soprusi, alla violenza o alla discriminazione, e cercare di correggerli.
Significa essere pronti ad assistere e dimostrare solidarietà agli sforzi delle altre persone, combattendo per assicurare che siano trattati con rispetto e dignità, e aiutando a costruire una società più umana, egualitaria e rispettosa dei diritti. I validi attivisti possiedono tenacia, creatività, impegno e spesso coraggio, ma sopratutto fiducia verso gli esseri umani e nei diritti umani. Ritengono che un mondo dove gli esseri umani hanno i loro diritti umani rispettati sia una possibilità e vogliono realizzarla.
Fonte Consiglio d’europa
🍸 Coraggio liquido
Restare in tema, restare in riviera ligure: i 21 ingredienti utilizzati nella formula di Portofino Gin, fra cui botaniche coltivate e raccolte a mano sul monte di Portofino, “sono stati attentamente selezionati per conferire sentori freschi e mediterranei”. Il risultato è un gin perfettamente bilanciato: agrumato ma morbido, con una chiara nota di ginepro unita a sottili aromi speziati e leggere sfumature floreali. Il design della bottiglia è un omaggio. Che mi sento pronta ad accettare.
❤️ L’amore è una playlist
In questo mare io
💫 Autodiagnosi e cura
Autodiagnosi:
Cura: donne che scrivono a cena allo stesso tavolo.
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