Il 25 aprile si dev’essere contente e felici. Un po’ “a spregio” rispetto a chi non ci vuole così e un po’ per riconoscenza rispetto a chi ci rende invece così. E questa felicità va difesa, presidiata, protetta. Della felicità da difendere ci dimentichiamo troppo spesso e quindi pianifichiamo. Ma quella gioia scema e potente - che so riconoscere da certe espressioni precise che mi vengono in faccia - non si programma. E quindi, se non si può pianificare, si può “manifestare”: si manifesta alla luna piena, si manifesta camminando un passo dietro l’altro vicino alle compagne in corteo, si manifesta mettendo in borsa una copia della Costituzione, si manifesta risparmiandosi le parole oppure cercandole, si manifesta manifestandosi, si manifesta negandosi, si manifesta piangendo, si manifesta ridendo, si manifesta dimenticando e ricordando. Si manifesta tutte le volte che l’ascolto di sé si fa così necessario che gli altri c’entrano per forza: perché si è soprattutto in relazione. E quando le relazioni diventano troppo strette o troppo larghe, niente rimane com’è.
Si cresce così, non accorgendosi di quello che abbiamo perso e di quello che abbiamo tenuto.
Io, per questo 25 aprile, ho scelto soprattutto di lasciare. E poi di tenere quello che mi permette di essere così libera di farlo: la memoria di chi mi ha preceduta. Ho pensato a mia nonna. E poi alla madre di mio nonno. Poi a mia madre. E poi di nuovo alla nonna e alla bisnonna. La stessa che, esilissima nel corpo e fortissima nella testa, m’insegnava le preghiere per “farne poi quello che mi sarebbe servito fare”.
Quella delle partigiane è stata probabilmente una “preghiera laica”: per costruire un mondo nuovo, prima di tutto, bisognava aver fede. Inoltre, prima che partigiane, erano donne e, la dimensione di genere, non può essere ignorata nel loro racconto e nella storia che arriva oggi alle nuove generazioni.
Io questa storia l’ho ritrovata inaspettatamente un anno fa, in piazza Duomo a Milano: in certe domeniche alcuni mercatini costeggiano i portici della galleria ed è lì che io ho messo in borsa “Compagne”, un libro in cui Bianca Guidetti Serra - partigiana, avvocata e politica - raccoglie le interviste ad alcune sue compagne.
“Testimonianze di partecipazione politica femminile” riporta il sottotitolo in copertina, che apre così:
Nei libri di storia della Resistenza, e sono ormai molti, si legge che nel dicembre del 1943 si costituirono i Gruppi di difesa della donna e per l’assistenza ai combattenti per la libertà. Non si dice però che cosa fossero, che cosa facessero, quali finalità perseguissero.
Questo libro è nato dalla decisione di colmare in parte tale lacuna, raccogliendo a distanza di trent’anni i ricordi di alcune protagoniste. È stata l’occasione per incontrare tante vecchie e meno vecchie compagne.
Per le donne la scelta antifascista aveva trovato ragione d’impegno prima della “resistenza”, durante e, per quasi tutte, anche dopo: come riporta Guidetti Serra, “la partecipazione alla lotta di liberazione appariva un momento importante della loro vita politica, non era però l’unico e isolato. E soprattutto non era casuale. "
Si diminuirebbe il valore umano, globale, di queste donne se si dimenticasse che dietro le poche pagine che riportano le loro parole stanno altre esperienze; stanno motivazioni psicologiche complesse, stanno crisi personali, gioie, delusioni, entusiasmi.
La loro più intima storia di donne è in ombra. Appare solo per accenni, il più delle volte è taciuta. Ed anche la storia politica è spesso volutamente mutilata.
Come invertire la rotta? Ascoltandole, queste donne. “Questo non lo registri” dicevano tante di loro mentre venivano intervistate. Eppure, in questo campione di donne “non scientifico”, emerge chiaro un aspetto: tutti i racconti iniziano con un riferimento alla propria origine sociale e familiare. Si riferiscono al vissuto di ciascuna e, anche in momenti essenziali dal punto di vista storico-politico in generale, l’intervistata fissa il ricordo su un aspetto personale e non per questo meno politica.
Dopo la Resistenza nessuna di loro ha ricoperto cariche politiche di rilievo, né all’interno delle rispettive organizzazioni né negli affari pubblici. Nessuna ha tratto vantaggi economici o qualsiasi tipo di remunerazione. Vivono tutte modestamente seppure con estremo decoro. “Le loro abitazioni, linde e curate, talvolta consistenti in una camera o due affacciantesi su un vecchio balcone comune, sono anch’esse, per la loro uniformità, il simbolo di una scelta di vita” scrive Bianca Guidetti Serra, che continua:
Nessuna si è lamentata della sua situazione economica. Se mai esiste rammarico, è dovuto ad una sorta di silenzio che grava loro intorno. Specie le più anziane sentono l’isolamento, la mancata presenza di giovani presso di loro. Lamento e amarezza naturali in chi è avanti negli anni o censura per un nuovo modo di fare politica?
La politica delle donne è sempre nuova e radicata, negli ideali e nel pragmatismo. Ed è questo che la distingue dalla politica dei maschi. Muscolare eppure fragile. Altisonante eppure miope. Sento un’altra qualità nella “stoffa” tutte le volte che, anche solo due donne, si mettono a parlare insieme. Creano mondi. Sarò nella mia “separatista” era? Probabilmente. Ma non riesco ad avere esempi del contrario, sebbene “ho tanti amici maschi”.
E infatti, come riportano le testimonianze delle partigiane, in questi anni il movimento popolare ha fatto grandi passi avanti: li ha fatti per lotte aspre e tenaci, conflitti sanguinosi, sacrifici immani di tutti, uomini e donne. Ma li ha fatti anche per la presenza costante, piena di dedizione e di sacrificio spesso silenziosi, di quella che viene chiamata “base”. Lo scrive sempre l’autrice del libro:
Queste donne sono state base. Praticamente tutte, anche coloro che in tempi e condizioni particolari svolsero mansioni o incarichi difficili.
Il significato della loro vita credo sia proprio questo: l’affermazione e la dimostrazione del valore e della portata della partecipazione dal basso, che si caratterizza per la fedeltà al proprio patrimonio ideale e al contempo per l’attenzione ai problemi immediati e concreti, per il rispetto delle grandi ma anche delle piccole cose, per la tenacia di anni di lavoro, di sacrificio spesso solo apparentemente modesto, giorno dopo giorno.
Capite, adesso, perché sta gioia va difesa il 25 aprile? Per “spregio”, rispetto a chi non l’ha riconosciuta, e per riconoscenza rispetto a chi invece ha saputo custodirla. E quindi: a mia nonna e a tutte le donne che resistono, resistono, resistono. Ogni storia personale è una storia politica.
📰 Rassegnami
Resistenza, la doppia lotta delle donne per la liberazione
“Non sono venuta per rammendare, ma per combattere”. La partigiana Olga Prati, quando raggiunge la brigata d’azione del suo territorio, risponde così al comandante che le chiede di ricucirgli i pantaloni. Carla Capponi, figura centrale della resistenza romana e vicecomandante dei Gap (Gruppi di azione patriottica), ruba di nascosto una pistola su un autobus affollato per aggirare l’opposizione dei suoi stessi compagni nel “concederle” l’utilizzo di un’arma. Come dimostrano le testimonianze delle partigiane, di cui Prati e Capponi sono esempi, quello delle donne alla Resistenza non è stato semplicemente “un contributo” ma una lotta “doppia” che riguardava sia l’opposizione all’autoritarismo nazifascista che la conquista di nuovi spazi di libertà, oltre gli schemi imposti da un regime che le aveva relegate nella sfera familiare e domestica. Ne ho scritto per Alley Oop.
Un'intervista, una playlist e una newsletter per festeggiare i 50 anni dalla Rivoluzione dei garofani in Portogallo. A cura della sempre brillante
e della sua autrice Roberta Cavaglià.“Ci hanno augurato lo stupro come Hamas”: violenze 25 aprile, protesta a La7
Sit in fuori dagli studi di La7 di studenti delle organizzazioni Cambiare Rotta e Osa che denunciano le violenze subite al mattino alla manifestazione per il 25 aprile a Roma. “I veri violenti sono i sionisti che ieri ci hanno lanciato sassi e bombe carta alla manifestazione alla Piramide, due di noi sono rimasti feriti alla testa”.
Difendiamo l’aborto, non la legge
Le lotte delle donne, ogni volta che sono passate per una mediazione con le istituzioni, sono state depotenziate. È quello che è accaduto con la legge 194 che, pur avendo depenalizzato l’aborto, permette oggi al nuovo governo di caldeggiare associazioni pro vita nei consultori. Più che immaginare nuovi diritti, occorre forse pensare a nuovi modi per tutelare quelli che già esistono.
Geppi Cucciari e un tavolo di sole donne a parlare di impotenza maschile, in risposta alla puntata di Porta a Porta con soli uomini a parlare di aborto
Allo sketch comico, oltre a Cucciari, hanno partecipato l’attrice Valeria Solarino, l’avvocata e scrittrice Ester Viola, Francesca Vecchioni, presidente della Fondazione Diversity, che si occupa di media e inclusione, l’attrice teatrale Federica Fracassi, l’esperta di comunicazione Martina Carone e l’ingegnera Amalia Ercoli Finzi. Tutta la discussione è ruotata attorno al luogo comune degli uomini che compensano le proprie insicurezze sessuali con macchine grosse e costose, come i suv, e a una immaginaria misura economica adottata dal governo per gli uomini che, per compensare le proprie insicurezze, volessero acquistare due o tre suv a testa. Qui per recuperare il meraviglioso format.
Università, gli atenei mondiali chiedono al G7 un più ampio accesso all’istruzione
Mentre il Gruppo dei 7 si prepara alla riunione di giugno in Puglia, più di 80 leader universitari provenienti da 18 Paesi si sono incontrati nell’ateneo milanese l’11 e 12 aprile per il Presidential Summit dell’Alleanza U7+. Per l’occasione, accademici e rettori hanno chiesto ai leader del G7 di lavorare con loro per sostenere un maggiore accesso globale all’istruzione superiore e fare sì che diventi mezzo per migliorare l’inclusione, costruire la prossima generazione di leader e contribuire a società stabili.
🎯 Nominare è fare esistere
Solo il 16% delle biografie presenti su Wikipedia riguarda le donne: una percentuale impari e incrementata dal lavoro di Wikidonne. In questo spazio ridiamo spazio: una bio per ogni numero. Storie per riscrivere la storia.
Bianca Guidetti Serra
Figlia di un avvocato civilista e di una sarta, Bianca Guidetti Serra muore a Torino il 24 giugno 2014 “Sono nata a Torino, il 19 agosto 1919 - scriveva - in via Sant’Agostino e abito da più di cinquant’anni in via San Dalmazzo. Ho spesso scherzato sull’abitudine ad avere per compagni di strada dei santi, che sono anche gli unici a me familiari, ma voglio qui semplicemente indicare (per chi non è torinese) che una parte importante della mia vita si è svolta entro un raggio di cinquecento metri, nel vecchio centro della città”.
Aderisce all’antifascismo anche per reazione alle leggi razziali che colpiscono i suoi amici ebrei, tra cui Primo Levi, che proprio a lei farà pervenire per posta le poche notizie della sua deportazione ad Auschwitz, e Alberto Salmoni che diventerà nel 1945 suo marito (celebra il matrimonio civile la vicesindaca Ada Gobetti, vedova di Piero).
Membro dei Gruppi di difesa della donna durante la Resistenza (“Il nesso tra la lotta di liberazione e l’emancipazione femminile, in nome del principio di eguaglianza - dirà - era forte e sentito, e molte conquiste delle donne nel dopoguerra, dal diritto di voto alle leggi sul lavoro, ebbero anche qui le loro premesse”).
Dopo la Liberazione, l'impegno professionale e politico. Nelle fabbriche torinesi per assistere gli operai per conto della Camera del lavoro; nel 1949 la partecipazione alle lotte contadine nel Meridione; negli anni Settanta la battaglia contro le schedature politiche degli operai alla FIAT. E ancora, l'impegno nel Consiglio comunale torinese e in Parlamento, per il Partito Comunista Italiano e per Democrazia Proletaria.
Sempre come indipendente, perché, come è stata definita, Bianca Guidetti Serra è, in primo luogo, "l'avvocata dei diritti". Di lei si possono leggere: Compagne, pubblicato da Einaudi nel 1977 e Le schedature Fiat - Cronache di un processo e altre cronache, uscito nel 1984.
🌱 La parola
Antifascismo
Opposizione al fascismo, inteso, in senso lato, come un fenomeno non limitato alla sola Italia.
In senso stretto, l’antifascismo fu la reazione, morale e politica, alla dottrina e alla prassi del fascismo al potere.
Cosa significa oggi? Lo stesso, ma ce ne ricordiamo meno: “l’’unica parola che ieri avrebbe messo d’accordo chiunque è “antifascismo”, solo che ha significati opposti - scrive Giacomo Papi raccontando la manifestazione del 25 aprile a Milano - per molti coincide con la democrazia, mentre per molti altri la democrazia è l’inganno con cui i paesi occidentali giustificano e continuano a perpetrare il proprio dominio sul mondo”.
🍸 Coraggio liquido
Rievocare la primavera con un coraggio liquido a tema: Glendalough Wild Spring Botanical è un gin artigianale irlandese contenente botaniche primaverili raccolte a mano nelle zone vicine alla distilleria. Come tutti i gin Glendalough è stagionale e prodotto in lotti piccolissimi: contiene fiori di ginestra, Asperula, menta, foglie di mora, ribes nero e altre piante che crescono selvatiche in questo periodo. Balsamico e fresco, intenso e dolce. Come dovrebbe essere il tempo che arriva.
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Autodiagnosi: “spazio spazio, io voglio, tanto spazio. Per dolcissima muovermi ferita”
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Che bella newsletter e che bella scoperta la mia (ex) concittadina Bianca ❤️