Emily Ratajkowski tiene ragione
No, i ratti non per forza sono "maschi decostruiti". Guardare a una mascolinità diversa dimostra l’insofferenza - delle donne - rispetto a uno specifico tipo di mascolinità egemone. Ma gli uomini?
Nata per leggere Goliarda Sapienza e guardare Bridgerton. Costretta a riconoscere in Emily Ratajkowski il mio albero genealogico:
Capisco perché tutte le belle ragazze vanno verso uomini che assomigliano a topi e ratti. Perché come faccio a trovare qualcuno che sia, scusate, più alto di un metro e ottanta? Mi dispiace… Tipo divertente, intelligente, gentile? La gentilezza dovrebbe essere al primo posto. La gentilezza è la cosa più importante. È davvero difficile, cazzo.
Così denuncia Ratajkowski- sì è una denuncia - in un video social pubblicato su TikTok e rimosso dopo poche ore. Il tema riguarda la difficoltà attuale di trovare “più uomini di qualità” e l’attrice e modella fa riferimento al nuovo trend dei cosiddetti “rodent men”, il tipo di uomo che è considerato il sex symbol del momento.
Fisico asciutto anziché muscoloso e lineamenti marcati, orecchie che risaltano, gli occhi intensi seppur non grandi e labbra a cuore sottili (alcuni esempi: Jeremy Allen White e e Josh O’ Connor di Challengers). Emily, mia sorella, non ci sta e si spiega questa tendenza collegandola a una mutata preferenza da parte delle donne che prediligono “persone più profonde umanamente”, con un’estetica “diversa”.
L’estetica del ratto sarebbe “sexy” in modo diverso. Gli uomini roditori più che belli “in modo standard” sono intelligenti, spiritosi e consapevoli di sé. Alcuni redattori della sezione Style del New York Times, pensano che sia qualcosa nel loro non essere stereotipicamente maschili che potrebbe far sentire le donne al sicuro.
Dobbiamo preoccuparci di sentirci sicure anche nell’attrazione? Il tema, a dire il vero, è più profondo: guardare a una mascolinità diversa dimostra l’insofferenza - delle donne - rispetto a uno specifico tipo di mascolinità egemone. Ma gli uomini? Sono insofferenti rispetto ai loro modelli? Ci basta davvero una parvenza di “decostruzione” maschile - come potrebbe lasciar presumere l’uomo ratto - per ritenerli ok? Quanto ci stiamo abituando male?
“Penso che mi stia unendo alla schiera di coloro che rinunciano - dice Ratajkowski riguardo la possibilità di incontrare “uomini di qualità” - ma “Perché? Perché dovrei?”.
Non dovremmo. Non dovremmo rinunciare al minimo. Né accontentarci di questo. Così come non dovremmo spiegare o salire in cattedra.
La decostruzione, quella vera, passa attraverso la demolizione di sé. Non vedo ratti demoliti. E non possiamo insegnarglielo. Ci annoiamo alle feste, ci annoiamo alle cene ma mettiamo in campo comunque quel lavoro emotivo per far sentire maschio X almeno decente.
Gli “uomini di qualità” non sono quelli decenti ma chi, questa dinamica, non la innesca nemmeno. Perché è chi è. Il gesto di cura spontaneo è quello davvero “decostruito”. E invece: “guarda come occupo il tuo spazio per dire come sono bravo, come ci sto lavorando, come sono consapevole”.
Lo spiega - da uomo - il professor Michael Kehler, studioso di Masculinities Studies:
La socializzazione maschile ha poco a che fare con la biologia e molto con i condizionamenti di tipo sociale e culturale su cui è stato costruita la narrativa mainstream ancora oggi imperante: ci sono regole non scritte ma che noi maschi conosciamo bene e a cui tendiamo ad aderire o conformarci fin dalla tenera età, pena il venire escluso dal cosiddetto “club dei maschi”.
Come quella che c’impone di non mostrare emozioni, vulnerabilità e dolore, soffrire in silenzio per essere adeguati rispetto all'immaginario che ci vuole aggressivi, duri e forti.
La maschilità egemonica ha un costo e lo pagano salato anche gli uomini: “Secondo gli studi della Canadian Mental Health Association gli uomini hanno una probabilità tripla di morire di suicidio rispetto alle donne” sottolinea Kehler. Non solo. Le ricerche dicono pure che “i ragazzi hanno un enorme bisogno di amicizie maschili strette e forti, che contemplino anche la dimensione della fisicità, con buona pace di un'altra regola del modello del maschio egemonico secondo cui agli uomini non è consentito esprimere l’affettività anche attraverso il contatto fisico”.
Nota bene: piangere e abbracciare gli amici non denoterà necessariamente un uomo decostruito.
La decostruzione maschile non ha a che fare con l’apparenza, con l’estetica, né con un presunto modo di fare “aperto alla vulnerabilità” o all’ironia: spesso, negli uomini decostruiti checomunquesoffrono, l’obiettivo non è altro cha ottenere ulteriore conferma dal gruppo di pari (altri uomini) riguardo il loro “successo” sociale. Compreso quello con le donne. Si chiama omosocialità maschile. E se è la messa in scena emotiva - nei confronti degli altri e di sé stessi - che devono mettere in campo per ottenere approvazione, beh lo faranno.
Il percorso è lungo, in salita, piena di inciampi in cene in cui dovrete ricordarvi perché non sempre serve spiegare tutto. Ma, nel frattempo, una cosa è certa: se è fuori dalle fogne che vogliamo stare, non bisogna farsi piacere per forza i ratti.
Se non vogliamo rinunciare, tocca capire che la qualità poco ha a che fare sia con una conversazione azzeccata che con la “fisicità”. Ma si sente (e si riconosce) con il corpo: le spalle rilassate, la pelle morbida, gli occhi felici, il sonno sereno. Come lo direbbe Paolo Pagliaro in 30 secondi del suo punto: Meno apparenza, più sostanza. E basta davvero pochissimo.
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Il 20 giugno ricorre l'anniversario dell'elezione di Nilde Iotti alla presidenza della Camera dei deputati. Il 20 giugno del 1979, infatti, Iotti diventò la prima donna a essere eletta alla terza carica dello Stato, mantenendo il ruolo per quasi tredici anni. Partigiana, prima donna a diventare presidente di una Camera, prima donna a ricevere un mandato esplorativo per formare un governo e tra le madri fondatrici della Repubblica italiana, la sua figura ha segnato profondamente non solo la storia politica della Penisola, ma anche quella europea.
Nata il 10 aprile 1920 a Reggio Emilia, in una delle cosiddette "province rosse" del Nord Italia, Nilde Iotti fu una studentessa modello e vinse una borsa di studio per studiare lettere e filosofia all'Università Cattolica di Milano, pur mantenendo le distanze dalla fede religiosa. Durante la seconda guerra mondiale, divenne una combattente della resistenza e una figura di spicco del Partito comunista italiano, nonchè responsabile dell’Unione donne italiane, emergendo come una delle figure politiche femminili più importanti del dopoguerra italiano. Grazie al suffragio femminile istituito nel 1945, molte donne italiane sostennero Iotti, che nel 1946 fu eletta all'Assemblea Costituente.
La sua eredità è radicata anche nella Costituzione. Scrisse la sezione relativa al diritto di famiglia e durante la stesura dell'articolo 51, che garantisce l'accesso ai "pubblici uffici e alle cariche elettive" in condizioni di uguaglianza, si oppose con forza, insieme con altre colleghe, all’aggiunta di un inciso, apparentemente innocuo, proposto dai colleghi uomini, che però limitava le donne, soprattutto nella carriera di magistrato: “Conformemente alle loro attitudini, secondo norme stabilite dalla legge”. La protesta di Iotti fu efficace e alla fine l'inciso venne eliminato, salvaguardando un principio fondamentale della democrazia.
Compagna dello storico segretario del Pci Palmiro Togliatti (sposato con un’altra delle ventuno parlamentari, Rita Montagnana), una relazione insultata, osteggiata e dileggiata persino dai suoi stessi compagni di partito, come raccontato da lei stessa decenni più tardi, fu rispettata dal Pci solo dopo la morte di Togliatti, nel 1964.
In quel anno “cominciò la fase più importante e rapida della mia carriera politica”. Iotti lavorò intensamente per rinnovare il partito e divenne anche una figura chiave del movimento europeista, sostenendo per tutta la sua carriera che l’integrazione europea fosse fondamentale per una trasformazione sociale positiva. Iotti affermò che l'Unione Europea doveva offrire nuove vie di sviluppo civile, sociale e politico, aprendo nuove frontiere di rinnovamento e crescita che gli Stati nazionali, limitati da vincoli e restrizioni, non potevano garantire.
🌱 La parola
Body monitoring
Il body monitoring è un fenomeno che la maggior parte delle donne e delle ragazze conoscono. Si tratta del controllo costante del proprio aspetto fisico, legato alla preoccupazione di apparire al meglio. Questo può portare a un affaticamento mentale, se non a conseguenze psico-fisiche anche gravi.
Secondo la professoressa Caroline Heldman dell’Occidental College di Los Angeles, quasi tutte le donne si assicurano il che il proprio aspetto fisico sia perfettamente in ordine circa ogni 30 secondi.
Ma da dove arriva questo sguardo che hanno le donne su se stesse che le porta al costante monitoraggio del proprio corpo? Diverse esperte di questioni di genere negli anni hanno cercato di rispondere a questa domanda, osservando il fenomeno e cercando di capirne le cause.
La critica cinematografica femminista Laura Mulvey negli anni 70 ha teorizzato il concetto di male gaze, in particolare nel suo testo Visual Pleasures and Narrative Cinema (1975). Si tratta di un termine inizialmente coniato per il cinema, ma che Mulvey ritiene si applichi a tutta la società.
Il male gaze non è altro che lo sguardo maschile che mira a rappresentare la donna in modo stereotipato per soddisfare il proprio piacere. La figura femminile è così stilizzata, su misura per le fantasie maschili.
Questo tipo di sguardo, secondo Mulvey, è lo sguardo egemone presente nella nostra società che le donne avrebbero quindi introiettato. Da qui, il guardare a sé stesse da una prospettiva esterna, come spettatrici della propria performance.
🍸 Coraggio liquido
Distillato in quantità limitate con l’alambicco di rame a fuoco di legna, Bordiga Gin Premium Dry è un gin tutto italiano prodotto a partire da bacche di ginepro provenienti dalle vicine Alpi Marittime. La particolarità del clima della zona alpina, in cui l’aria di mare incontra quella di montagna, conferisce alle botaniche una concentrazione elevatissima di olii essenziali. Il suo punto di forza sono le erbe officinali alpine, raccolte a mano ed esiccate in alta quota. In pratica, una medicina. La cura. L’antibiotico che meritiamo.
❤️ L’amore è una playlist
Ma se resto povera, allora pazienza. Mi basta una macchina a media potenza:
💫 Autodiagnosi e cura
Autodiagnosi: come la sosta breve in aeroporto.
Cura: non rinunciare, chiedere spazio, prendere spazio. Volere spazio.
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Mi sento decostruito ma, a questo punto, già il fatto di sentirmi tale, non mi rende tale? Immagine di tre Spider-Man che si indicano a vicenda.
Da stallone, a maiale a ratto la parabola animale del maschio segue una curva sempre più discendente... Chissà quando è che risalirà e ritorneremo a rioccupare il nostro posto nella tassonomia ordinaria, al genus homo...
PS: bellissimo il progetto Wikiwomen, nell'ultima newsletter di @antoniodibacco si parla di un gruppo di donne spagnole che sta facendo esattamente la stessa cosa.