Glitterami
I primi pride avevano sì glitter e vestiti sgargianti, ma presto si sporcavano di sangue sotto i colpi delle forze dell’ordine. Per essere visibili, serve brillare di più.
Ti pettinavi i capelli passandoti una spazzola a denti larghi tra i ciuffi laterali. Poi sistematavi le ciocche con la mano e lo smalto rosso, un anello dorato si faceva spazio tra la chioma biondo bruciato e il tuo sguardo davanti allo specchio si faceva orgoglioso. Cosí eri pronta.
Il significato di "Pride" l'ho imparato guardando come si preparava allo specchio mia nonna, una donna fiera e orgogliosa che ha difeso la sua identità letteralmente fino all'ultimo giorno della sua vita. Bellezza compresa. Piccolezze effimere incluse. È morta bellissima.
L'identità è (anche) espressione: per questo i capelli pettinati sempre, lo smalto rosso, il burro cacao. Esprimersi è esistere. E l'espressione non può avere limiti. Soprattutto quando, per il solo fatto di esistere, diventa rivendicazione politica.
Dire che il pride "è una carnevalata" significa non riconoscere il potere di esprimersi. O meglio: proibirlo a chi non ha un'espressione simile alla propria - socialmente accettata - e, di conseguenza, stabilire una dicotomia. Noi, loro.
Stabilire una dicotomia è potere. Per cui non basta dirsi dalla parte dei diritti se poi "il glitter è una carnevalata, le persone transgender negano le identità biologiche (!!) e non serve tutto questo carrozzone, gli eccessi svuotano di senso le battaglie etc".
Beh, serve eccome: affermare che il Pride sia una carnevalata significa ignorare che le persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+ sono già costrette praticamente tutti i giorni a indossare abiti considerati “normali” per non essere discriminate o per sfuggire ad atti di omofobia.
Il sondaggio condotto dall’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (Fra) su 100.000 persone, rivela che lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersessuali e queer in Europa subiscono meno discriminazioni (in particolare, circa il 36% degli intervistati contro il 42% del 2019 ha detto di essersi sentito discriminato in almeno un ambito della propria vita) ma più attacchi fisici o sessuali rispetto a 5 anni fa.
Inoltre, definire il Pride un carnevale, ha a che fare con il tentativo di invisibilizzare l’identità della comunità: perché le persone che vi appartengono devono subire l’obbligo implicito di seguire lo standard “neutro”? Gli eccessi servono anche a non confondersi. Tra gli obiettivi del Pride, infatti, c’è la rivendicazione di visibilità e sicurezza: soprattutto per quest’ultima, si può essere alleate. Fare spazio, fare cordata, ampliare, guardarsi, proteggersi.
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Come scrive qui Isa Borrelli, il primo Pride fu rivolta. Fu una rivolta guidata da persone queer e trans* razzializzate, sieropositive, sex worker, working class, malate.
La rivolta dello Stonewall Inn non è stata storicamente la prima insurrezione della comunità LGBTQIA+, prima ricordiamo il riot di Cooper Do-Nuts a Los Angeles e quello al Compton’s Cafeteria a San Francisco. Insorgevano contro decenni di repressione e violenza della polizia e dello stato, reclamando per sè le strade e le piazze.
I primi pride avevano glitter e vestiti per fare colpo, ma presto si sporcavano di sangue sotto i colpi delle forze dell’ordine. La musica suonava probabilmente in sottofondo, ma perché la polizia aveva fatto irruzione durante una serata come altre.
Il primo Pride fu rivolta ed era espressione di una comunità ai margini guidata dalle persone trans* e dal genere non conforme.
Cosa serve oggi? Smettere di depoliticizzare il Pride.
“I Pride cosiddetti istituzionali sono dominati da uomini gay, cis, bianchi, borghesi, abili che hanno manomesso il significato intrinseco della favolosità trans* e l’hanno ricalibrata su lustrini, diet culture, grassofobia, corpi normati e un’esaltazione della ricchezza con brand multinazionali e carri sempre più grandi e sfarzosi - continua Borrelli - Questa cancellazione è una forma di violenza per chiunque scenda in strada per l’autodeterminazione e la dignità personale e collettiva”.
Per opporsi alla cancellazione, serve essere visibili. Serve una quantità di glitter inimmaginabile perché, del sangue, ne abbiamo abbastanza.
A Roma e Torino è oggi il giorno del Pride, qui le altre date. Siateci. Io mi sto visualizzando:
📰 Rassegnami
Una notizia bella bellissima: Ilaria Salis è stata liberata
Venerdì le è stato tolto il braccialetto elettronico che la costringeva ai domiciliari a Budapest, dopo che è stata riconosciuta l’immunità per l’elezione al Parlamento europeo.L'imprescindibile analisi del voto
Fermo restando che sì, vincere hanno vinto, è anche vera un’altra cosa: i partiti di destra sono in calo di elettori. Quelli persi dalla Lega forse sono confluiti in Fratelli d’Italia, ma anche Fratelli d’Italia ha perso oltre 660.000 voti fra le politiche 2022 e le europee 2024. Gli unici partiti in crescita sono il PD (che probabilmente ha risucchiato un bel po’ di elettori ai Cinque Stelle) e Alleanza Verdi Sinistra, che è cresciuto di un terzo rispetto alle ultime consultazioni e ha registrato uno strepitoso 40,4% fra i fuorisede che hanno approfittato della possibilità di votare lontano dal luogo di residenza. I laureati e i giovani di cultura tendono a votare a sinistra, e questo potrebbe spiegare (almeno in parte) come mai la destra sia così dichiaratamente anti-intellettuale.
Giorgia Meloni e il femminismo di convenienza
La nomina di una donna a una carica politica importante – sempre più frequente, per fortuna – è quasi sempre seguita da una domanda: è femminista? Qual è il suo grado di femminismo, se esiste? E se no, come facciamo a farla sembrare femminista, o ad appropriarci della qualifica per delegittimare chi il femminismo lo fa davvero, e proprio per questo può scordarsi di assurgere ai posti di comando?
Il "bonus mamme" introdotto dal governo Meloni privilegia le madri naturali non tenendo conto di quelle adottive, rivelandosi una misura discriminatoria in un paese dove la genitorialità adottiva è ancora considerata una parentela di serie b.
Educazione finanziaria, un summer camp per ragazze all’Università Bicocca
Stimolare le competenze imprenditoriali delle giovani donne e incrementarne l’interesse per la finanza personale e l’economia: sono gli obiettivi di Effe Summer Camp.
🎯 Nominare è fare esistere
Solo il 16% delle biografie presenti su Wikipedia riguarda le donne: una percentuale impari e incrementata dal lavoro di Wikidonne. In questo spazio ridiamo spazio: una bio per ogni numero. Storie per riscrivere la storia.
Toni Morrison
Oggi questo spazio è a cura di Barbara Lauro, social strategist ma soprattutto mia collega e vorace divoratrice di libri (che posta sul suo profilo Ig).
Donna e afroamericana negli Stati Uniti duri e conformisti degli anni Cinquanta. È dai margini dalla "ruota del privilegio" che Toni Morrison ha costruito la sua identità di scrittrice raccontando l'identità del popolo black, raccogliendo le storie orali della tradizione degli schiavi e arrivando nel 1993 al Premio Nobel per la letteratura: prima donna afroamericana.
Consiglio di lettura:
"Beloved, Amatissima" il racconto di una schiava che preferisce uccidere la figlia piuttosto che farle vivere l’orrore della schiavitù. Vincitore Premio Pulitzer 1988.
Scrive Lauro:
Non so se mi è piaciuto di più il romanzo o il saggio di Alessandro Portelli che lo accompagna in questa edizione.
"Schiavitù e maternità sono due istituzioni opposte eppure paradossalmente contigue. Violenta e patriarcale la prima, amorosa e femminile la seconda, sono tuttavia entrambe attraversate dall'idea di possesso, sia in generale sia nel loro intreccio storico messo in scena da Toni Morrison proprio per evocare le possibilità estreme dell'una e dell'altra."
Amatissima racconta con straordinaria intensità la vera storia di Margaret Garner, schiava afroamericana che, nel 1856, uccise la figlia per sottrarla alla schiavitù.
Non è un romanzo facile, né per il contenuto né per lo stile, ma mi è piaciuto assai perdermi nei diversi piani temporali della narrazione, tenuti insieme da una penna sapiente, capace di chiudere un lungo flashback ri-arrotolando la storia su se stessa in poche incredibili righe.
🌱 La parola
Queer
Il termine queer è stato introdotto nel dibattito pubblico e nelle scienze sociali, nel campo degli studi sulla sessualità, all’inizio degli anni Novanta.
Generalmente la sua prima apparizione in ambito accademico è fatta risalire al numero speciale della rivista “differences” curato da Teresa De Lauretis, Queer theory. Gay and lesbian sexualities, che a sua volta raccoglieva gli atti dell’omonimo convegno che si era svolto nel febbraio dell’anno prima presso l’Università della California, a Santa Cruz.
Contestualmente, sulla scena dell’attivismo gay e lesbico nordamericano fece la sua fugace, ma importante apparizione l’organizzazione Queer nation che, in modo provocatorio, e usando lo strumento delle azioni-spettacolo, contestava i pregiudizi e le rappresentazioni dell’omosessualità nei media.
I due eventi esemplificano efficacemente la doppia vita che l’esperienza queer avrebbe avuto nei decenni a seguire: da una parte, la dimensione teorica e accademica, che ne riconosceva le origini nella stagione del poststrutturalismo e la collocava pienamente sull’onda degli studi culturali; dall’altra, la presenza nell’agorà politica, nei movimenti per i diritti civili, nei luoghi di socialità, produzione e sperimentazione culturale.
Usato in senso spregiativo nei confronti degli omosessuali nel corso del 19° sec., queer è termine anglosassone che sta per “strano”, “bizzarro”, e a sua volta deriverebbe dal tedesco quer, “diagonale”, “di traverso”.
Nella sua introduzione al numero speciale di “differences” De Lauretis spiegava di usare il termine con almeno tre intenzioni, corrispondenti ad altrettanti programmi di critica:
rifiutare il riferimento all’eterosessualità come termine di paragone per tutte le forme di sessualità; farla finita con la rappresentazione della sessualità gay e lesbica come un’unica forma di sessualità per considerarle, invece, nella loro diversa condizione di esistenza storica, materiale, sociosimbolica; infine, dare rilievo ai molteplici modi in cui la razza influenza in modo decisivo le soggettività sessuali
De Lauretis immaginava che questa triplice critica, che secondo lei poteva essere raccolta sotto l’espressione teoria queer, rendeva possibile “rielaborare o reinventare i termini della nostra sessualità, di costruire un altro orizzonte discorsivo, un altro modo di pensare il sessuale”.
In altre parole, e ciò rappresenta uno dei temi di fondo del queer ampiamente approfondito e variamente articolato negli anni successivi, il termine fa la sua comparsa nelle scienze sociali per mettere in questione l’universalità delle categorie identitarie, anche delle più convenienti.
Secondo molti autori, gli studi queer sarebbero in questo senso un’evoluzione della critica femminista all’essenzialismo, all’idea che maschile e femminile siano solo fatti naturali, espressione di una innata e immutabile differenza tra i generi e non, piuttosto, il risultato storico e culturale di un determinato ordine sociale e simbolico.
🍸 Coraggio liquido
G7, cose, l’aborto che sparisce dai vertici che contano. Serve bere. Serve farlo a casa dolce casa: Gin di Puglia nasce a Troia, nel cuore della Puglia dei borghi, delle distese di grano e degli uliveti verdeggianti. Prodotto dalla miscela di botaniche e olio extra vergine di oliva, ha un carattere deciso, autentico e orgogliosamente unico.
❤️ L’amore è una playlist
Come mi sento internamente:
💫 Autodiagnosi e cura
Autodiagnosi: svuotare le parole, metterle in prospettiva, “gin tonicccccccccc?”, arriva tutto.
Cura: gli occhi dell’amore guardano in un modo preciso.
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