Io questo 8 marzo sono stata felice. E riconoscerlo è rilassante, benefico, giusto. Lo è perché non accade mai in un giorno in cui i contrasti si fanno più forti e lo stomaco ti fa più male perché fa spazio al dolore delle altre. Si stringe ma allarga. E invece, quest’anno, il dolore non è andato via ma si è trasformato perché non cede alla morte. Ma va verso la vita. E allora vita. Vita arrabbiatissima e furente. Piena di gioia pazza pazza: mi ha resa felice fare colazione con la luce di Santa Maria Maggiore. Badare alla luce. Badare alla tenerezza di chi ci bada con gli occhi del risveglio. Mettermi il mascara in macchina. Parcheggiare male. Vedere che Circo Massimo era già tutto fuxia: centinaia di noi erano già lì.
Quella è la mia festa e la mia casa: attraversare gli spazi dove so di incontrare volti amici, incontrarsi, cercarsi, gridarsi le cose da lontano, rispondere ai whatsapp che si muovono velocissimi “dovesei/tiraggiungo/sonqui”, sentirsi esattamente nel luogo in cui si è abitandolo. Essere tra le strade, nelle edicole, nelle idee e nei pensieri profumati della gente amica. L’amore mi difende e io sono una strega protetta che protegge. Con un raggio di sole in testa, i capelli pazzi e Bertè che andava io sono stata felice. Non sono una signora: la gioia, pura e semplice, è sovversiva. Tanto vale usarla.
Anche per questo lo sciopero dell’8 marzo - che ci porta in piazza - oggi è femminista, politico, colorato, aperto: lo è stato per chi era nella piazze e anche per chi non ha potuto esserci. Come spiega Carlotta Cossutta, attivista di Non Una Di Meno e ricercatrice:
Lo sciopero dell’8 marzo si qualifica come femminista perché comprende tutte le categorie produttive ma anche il lavoro di cura che le donne e le persone lgbtq mettono in campo ogni giorno.
Lo sciopero femminista si interroga su quelle forme di lavoro che non sono riconosciute come tali o che non hanno l’orizzonte dello sciopero come diritto. Pensiamo al lavoro domestico, non solo quello gratuito e volontario, ma anche quello di badanti, colf, baby sitter. Un lavoro intermittente o in nero o a chiamata, un settore in cui lo sciopero classicamente inteso non trova spazio.
Per legge, lo sciopero deve essere indetto da un sindacato: Non Una Di Meno ha sviluppato diverse relazioni coi sindacati di base che garantiscono la copertura della convocazione. Ma il limite alla partecipazione resta ed è insito alle condizioni in cui versa il lavoro delle donne oggi:
In particolare in Italia, ribadisce Cossutta, il 50% circa delle donne è disoccupata. Per loro pensare di poter scioperare non è immediato, il lessico dello sciopero è ancora associato a un certo tipo di lavoro salariato. Anche le donne che lavorano spesso sono precarie e scioperare vuol dire mettere a repentaglio l’impiego.
Lo sciopero dal lavoro di cura, poi, è ancora più complesso. Il lavoro riproduttivo non ha orari, non è possibile realmente sospenderlo perché non si può decidere di smettere di prestare le proprie cure a un bambino o a un anziano non autosufficiente. Ma proprio qui sta la sfida. Anche se non si riesce a scioperare, rendersi conto di questo enorme carico credo sia un momento di consapevolezza importante.
Che sia furente e gioioso - o tutto quello che possa essere - lo sciopero è uno strumento di lotta specifico per due ragioni:
la dimensione del tempo interrotto che lo sciopero implica: in una società che ci vuole sempre produttive e performanti, sempre online, tornare a riconoscere la centralità del tempo significa dire “mi prendo una giornata per vivere diversamente”.
mette a sistema e fa incontrare condizioni lavorative che oggi sono vissute come un problema individuale. “Anche quando si lavora con altre persone - dice Cossutta - si tende a personalizzare la propria condizione e sentirsi isolati. Lo sciopero diventa un’occasione per entrare in contatto con altre lavoratrici e altri lavoratori, costruire una coscienza collettiva”.
E le forme dello sciopero sono infinite. Non si “limitano” alla piazza ma sono rappresentate da tutte quelle azioni che vanno controcorrente rispetto alla “norma”:
Scegliere come partecipare è, appunto, una scelta. Troppo spesso non libera e dettata dalle condizioni lavorative in cui si è. Per questo, dev’essere scevra da giudizi di femminismi di serie A/B/C. Per chi c’era, ma soprattutto per chi non ha potuto esserci, sono stata gioiosamente furente.
Postilla a margine:
Chi non c’era: leader politiche, a destra come a sinistra. Assenze ingiustificate in un Paese in cui una donna muore ammazzata ogni tre giorni. Il fronte deve essere comune perché, se una guerra c’è - e c’è - è quella dove a morire siamo noi.
Chi c’era: i padri. Le bambine. Le signore che “ci siamo sempre state e per questo pure oggi ci siamo”. L’amore è un fatto generazionale. I diritti, pure.
📰 Rassegnami
“Donne, diritti e digitale” è il tema del dossier pubblicato da Il Sole 24 Ore per l’8 marzo e curato da Monica D’Ascenzo e la redazione di Alley Oop
Il numero di lavori Stem sta crescendo due volte più velocemente rispetto alle carriere non Stem, con stime che indicano 11.278.700 posizioni da coprire da qui al 2030 a livello globale. Chi avrà competenze tecnico-scientifiche non solo avrà un impiego, ma potrà anche scegliere tra offerte diverse. Se queste sono le condizioni, e la crescita è effettivamente confermata dai dati, le donne non possono restare ai margini, perché la lotta per i diritti parte dall’indipendenza economica e quindi dal lavoro, oltre al fatto che la pervasività dell’intelligenza artificiale richiede che ci sia la maggior diversità possibile tra quanti la addestreranno, in modo da evitare gli stereotipi. In Italia arriveranno da qui al 2026 120 miliardi di investimenti in transizione digitale ed ecologia, con la creazione di 375mila nuovi posti di lavoro. Un’occasione da non perdere e per farlo bisogna iniziare da una formazione Stem che parta dalla scuola primaria e porti le ragazze a lauree proiettate al futuro.
Digital media, lo spazio di lotta per i diritti delle donne
Ridefinire le relazioni di potere. Divulgare le storie che vengono taciute. Fare rete e generare un importante effetto contagio su obiettivi comuni. Internet e i media digitali, pur non essendo spazi particolarmente protetti per le donne - che rappresentano la categoria più colpita dai discorsi d’odio online secondo l’ultima mappa di Vox (Osservatorio Italiano dei Diritti) - possono rappresentare potenti strumenti di contro narrazione e denuncia in tutto il mondo. Ne ho scritto per il dossier.
Femminismi, 8 marzo, ruoli di genere e relazioni, stereotipi. Quanto c’è da fare?
Ne parlo insieme al giornalista Angelo Vegliante in una chiacchierata di due ore diventate tre minuti:
Essere femministe nella Striscia di Gaza
Nel suo diario dalla Striscia di Gaza Mona Ameen scrive che essere femministe in questo momento “significa dire la verità”. In uno dei suoi ultimi aggiornamenti ha chiarito: “Per come lo vedo io, il femminismo è un movimento che agisce per mettere fine alla violenza e all’oppressione. Il mio messaggio a tutte le donne e le femministe libere del mondo è di continuare a parlare dei palestinesi, dite che non siamo numeri, usate i vostri spazi per diffondere le nostre parole, mostrate solidarietà con la Palestina. La partecipazione delle femministe deve tradursi in azioni, anche molto piccole, che fanno una grande differenza per noi”.
🎯 Nominare è fare esistere
Solo il 16% delle biografie presenti su Wikipedia riguarda le donne: una percentuale impari e incrementata dal lavoro di Wikidonne. In questo spazio ridiamo spazio: una bio per ogni numero. Storie per riscrivere la storia.
Iris Apfel
Icona di stile che non rincorre la moda ma la ispira: è morta all'età di 102 anni Iris Apfel, designer d'interni, stilista e - appunto - icona di stile.
Si descriveva come "l'adolescente vivente più vecchia del mondo" nella sua biografia su Instagram, dove aveva accumulato più di 2 milioni di follower,
Stravagante e ironica, rossetto quasi sempre rosso ed enormi occhiali dalla montatura nera, il suo motto era "more is more & less is a bore", e il significato diventa esplicito osservando i suoi outfit sopra le righe, coloratissimi e dai pattern più stravaganti. “Osare e sperimentare non nuoce mai” ha affermato in un’intervista:
Se sbagliate va bene uguale, sono solo vestiti. Non verrà la polizia della moda per sbattervi in galera. Nella mia vita mi sono innamorata di ogni sorta di colore o forma, mi sono divertita a inventare e a mescolare le cose, sono stata la prima donna a indossare un paio di jeans e tutti dicono che io sia un’icona della moda. Ma sai che cosa importa? Io guardo il mondo come se lo scoprissi per la prima volta.
Se il sistema moda sembra avere come unico scopo la realizzazione dell’utopia dell’eterna giovinezza, Apfel combatte per il “White Pride” – si veda il grey pride di Le Monde di novembre ’23 – giocando sul massimo grado di visibilità attraverso il trionfo barocco del superaccessoriato, del contrasto tra cromie e materie, della moltiplicazione degli oggetti e della sfacciataggine di gioielli sovradimensionati.
L’orgoglio si manifesta con prepotenza e acquisisce lo spessore di un’eleganza saggia e consapevole, stabile e non più capricciosa e mutevole come la moda stagionale, quella del sempre uguale che si tratti di boutique o dei tentacolari templi della fast fashion. È una moda dell’essere, non dell’apparire.
🌱 La parola
Lavoro di cura
Il lavoro di cura identifica le pratiche di lavoro domestico non formale svolte a favore di soggetti non autosufficienti, come bambini, anziani e disabili. Questo particolare tipo di lavoro comprende una serie di attività che spesso non vengono riconosciute socialmente né economicamente e che hanno luogo nell'ambito delle relazioni familiari.
Secondo l'ILO, in Italia, le donne dedicano al giorno 5 ore e 5 minuti di lavoro non retribuito di assistenza e cura mentre gli uomini 1 ora e 48 minuti. Il 74% del totale delle ore di lavoro non retribuito di assistenza e cura grava pertanto sulle spalle delle donne.
🍸 Coraggio liquido
Gin Imea Gineprina d'Olanda è il lato vintage del gin artigianale, con ricetta del 1897 - che prevede anice, chiodi di garofano, cannella e macis - quando l’incidenza dei dazi doganali faceva nascere numerosi distillati di produzione locale. Se cercate un gin delicato o esile, non è il vostro. Se lo volete deciso e netto, cin cin.
❤️ L’amore è una playlist
La fretta del cuore è già una novità
💫 Autodiagnosi e cura
Autodiagnosi: il potere sovversivo della felicità che tutto prende e tutto trasforma.
Cura: leggerezza significante.
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