Europee come Bridgerton
Scegliere il diamante della stagione, entrare nella famiglia dei 27, assicurarsi che le donne non accedano al buffet. Al massimo, ai panini. Cosa ci resta? Le urne!
Avrei potuto twerkare a Barcellona. Avrei potuto imparare a surfare a Lisbona. Avrei potuto, che ne so, ballare la techno tutte le sere a Berlino. E invece no: io l’Erasmus l’ho fatto in Belgio, a Gent.
Pochi chilometri lontana da Bruxelles perché era “vicino alle istituzioni europee” che volevo stare (non esattamente lo stesso slancio presenzialista che sentiva Salvini da eurodeputato). E quindi niente twerk o surf. Sei mesi di nebbia, patatine fritte, piadine con il brie e svariati litri di birra per dare seguito alla saggezza - o all’inconsapevolezza - dei vent’anni che mi suggeriva un solo diktat: te lo chiede l’Europa.
Capite bene, dunque, che le prossime elezioni europee (dal 6 al 9 giugno) io le attendo quasi quanto la seconda parte della terza stagione di Bridgerton.
La dinamica, in Italia, è un po’ la stessa: in Italia i partiti cercano il diamante - o i diamanti - della stagione che possa entrare nel regno in cui, ci si auspica, trionfi l’armonia e l’amore. Ma una relazione è già difficile in due, figuriamoci in 27.
Da qui, le elezioni: si tengono ogni cinque anni (l'ultima tornata elettorale si è svolta nel maggio del 2019) e ci permettono di scegliere chi al Parlamento europeo potrà elaborare e approvare tutte le disposizioni che regolamentano la vita dei cittadini e delle cittadine dell'Unione europea. E non è una cosa da poco.
Oltre che di politiche condivise, l’Unione europea è un fatto di identità: nasce da un progetto di pace e cooperazione e, già nelle sue radici, custodisce uno sguardo e una progettualità che si rivolgono al futuro. Per questo, usare il nostro voto - come ricorda la stessa campagna “Usa il tuo voto” lanciata dal Parlamento - ci riguarda direttamente: se non t’interessi di Europa, l’Europa comunque si interessa di te.
Nello specifico, di cosa si stanno interessando i partiti italiani che al Parlamento europeo vogliono arrivarci? Beh, di “questioni di genere”, molto poco. O comunque con modalità ancora acerbe. Nel 2024, dopo anni e anni di femminismi (e a me mi viene la noia).
Andiamo nel dettaglio, seguendo la linea tracciata dalla giornalista Jennifer Guerra che mi ha fatto rileggere i programmi elettorali davanti a 7 gin tonic:
Fratelli d’Italia: per il partito di Giorgia Meloni le questioni di genere sono strettamente correlate all’”Obiettivo natalità”, come recita un punto del programma. Fdi parla di sostegno alla natalità, di “istituire fondi e programmi specifici per sostenere le donne in condizioni di fragilità che vogliono diventare mamme” e, nella sezione “L’Europa delle donne”, promette di battersi “contro le ideologie che vorrebbero negare le identità, come la teoria del gender”. Altra rivendicazione importante è quella di contrastare il “mercato transnazionale dell’utero in affitto” ma, hey, anche “combattere la violenza di genere sempre, anche quando le donne sono private della propria libertà e dignità a causa della cultura del Paese di origine”.
Partito Democratico: il programma parla di un’“Europa femminista”, con riferimento al principio dell’uguaglianza di genere “sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”. Lo stupro definito come “sesso senza consenso” viene evidenziato dal partito di Elly Schlein che, a riguardo, propone di fare prevenzione attraverso l’educazione sessuale. Inoltre, nell’Europa che vuole il Pd “ogni persona può prendere decisioni informate sulla maternità e sulla paternità” e i prodotti per il ciclo mestruale e i contraccettivi siano liberamente disponibili. Immagina, puoi.
Movimento 5 Stelle: il mese scorso il parlamento Ue ha approvato con larghissima maggioranza la prima normativa sulla lotta alla violenza contro le donne. Il M5S ha votato contro e il motivo lo ribadisce nel programma: nella direttiva mancava la definizione di stupro. Per “rimediare”, il partito vuole l’introduzione dell’educazione sessuale e di genere, l’accesso all’aborto legale e sicuro, l’accesso alla procreazione medicalmente assistita anche alle donne single, i congedi lavorativi per chi soffre di dismenorrea e l’introduzione di una direttiva europea specifica “per affrontare la violenza sulle donne nei casi di separazione, ponendo particolare attenzione alla protezione dei minori coinvolti”. Ampio spazio anche alla parità salariale, da raggiungere attraverso lo scoraggiamento del part-time involontario, l’aumento degli asili nido, l’equità dei congedi parentali e l’obbligo di trasparenza aziendali sui contratti di lavoro.
Forza Italia-Noi moderati: “Proteggere la famiglia, i giovani e le categorie fragili”, con la programmazione dei fondi europei a sostegno della maternità, è l’unico obiettivo menzionato. Amen.
Stati Uniti d’Europa: ne fanno parte i candidati di Italia Viva e Più Europa che decidono di non presentare riferimenti espliciti alle politiche di genere. La promessa di “battersi perché nella UE nessuno metta in discussione i diritti acquisiti nel campo delle libertà individuali” è l’unico punto che va in questa direzione.
Azione: l’obiettivo macro è quello di aprire una linea di credito del MES dedicata a “finanziare le politiche demografiche e l’accesso delle donne al mercato del lavoro”. Di Calenda e “questioni di genere” in campagna elettorale avevo già parlato qui. C’entrava una lavatrice. Cosa è cambiato?
Alleanza Verdi-Sinistra: formata da Sinistra Italiana ed Europa Verde, il programma elettorale - come quello del Pd - punta su un’“Europa femminista” per “seppellire il modello patriarcale e valorizzare il protagonismo, il pensiero e l’azione delle donne”. Seppellire, valorizzare. Serve la stessa radicalità sia per distruggere che per costruire. Come propongono di farlo? Estendendo a tutte le aziende la direttiva sulla trasparenza delle retribuzioni - al momento è previsto per quelle con più di cento dipendenti - garantendo un bilancio europeo in ottica di genere, incentivando (e redistribuendo) i congedi parentali, inserendo la salute e i diritti sessuali e riproduttivi nella Carta fondamentale dei diritti europei.
Pace Terra Dignità: nel programma del partito di Michele Santoro per la cessazione del conflitto in Ucraina, si sottolinea il ruolo delle “culture e pratiche dei movimenti delle donne” per la promozione della pace.
Libertà: nella lista di Cateno de Luca, che raggruppa quasi 20 partiti diversi, non ci sono riferimenti alle donne o alle questioni di genere. OTTIMO!
Ma non sono “solo” i programmi politici a raccontare lo stato di attenzione della politica italiana verso i diritti delle donne e le questioni di genere. Lo sono anche le scelte delle candidature che hanno a che fare con la legge elettorale. Per capirlo bene bene, esattamente come farebbe Lilli Gruber se Otto e mezzo non fosse alle otto e mezzo, passo la linea agli Enrico Mentana che preferisco di gran lunga: Simone Martuscelli e Pietro Forti, autori del podcast e newsletter
.🤡D’altronde io sono #unadonna e di politica posso parlare fino a un certo punto 🤡
🇪🇺 Le Buone intenzioni di queste Europee (che c’entrano con i panini)
di Simone Martuscelli e Pietro Forti
La politica italiana è quella cosa che vuoi parlare della parità di genere nelle liste elettorali e finisci a parlare di panini.
No ok, siamo maschi etero cis, ma non fino a questo punto.
Ma facciamo un passo alla volta.
Le elezioni europee funzionano in maniera un po’ diversa rispetto a quelle italiane. Innanzitutto, rispetto a quel capolavoro dadaista che è il Rosatellum, le regole sono molto più semplici: ogni lista si presenta per conto suo, e tutte quelle che superano il 4% entrano al Parlamento europeo.
Inoltre, rispetto al sistema italiano in cui sono i partiti a decidere l’ordine in cui i deputati vengono eletti (liste bloccate), per le Europee gli elettori sono chiamati a esprimere le proprie preferenze: i candidati eletti sono quelli con più preferenze personali in base ai seggi allocati a ciascun partito.
Infine, c'è un'ultima feature che ci interessa particolarmente: l’alternanza di genere. Ogni elettore può esprimere al massimo tre preferenze, a patto che non tutte vadano a candidati dello stesso genere: due donne e un uomo, o due uomini e una donna. Lo stesso discorso vale se le preferenze espresse sono due: obbligatorio che siano un uomo e una donna, pena l’annullamento della seconda (o terza) preferenza.
Poi però, come al solito, ci sono i partiti italiani.
Noi guardando una qualsiasi campagna elettorale italiana.
Nel definire le liste, particolare attenzione è stata riservata alla scelta dei nomi da mettere in prima posizione, o comunque nelle primissime posizioni, che sono anche quelle che risaltano di più all’occhio dell’elettore più pigro.
Tra le otto liste che, secondo i sondaggi, potrebbero superare la soglia di sbarramento del 4%, solo tre hanno deciso di non inserire i propri leader di partito nelle liste: il Movimento 5 Stelle, la Lega, Alleanza Verdi-Sinistra. Nella lista Stati Uniti d’Europa, Matteo Renzi ha assicurato che se eletto lascerà davvero palazzo Madama per approdare a Bruxelles. Ma diciamo che non è esattamente conosciuto per essere uno che se promette poi mantiene.
Tutti gli altri partiti hanno candidato i propri leader ben consci del fatto che questi, in Europa, non ci andranno. Un unicum in Europa.
Carlo Calenda aveva iniziato la campagna elettorale insultando i leader che si candidavano pur sapendo di non essere eletti. È successo poi che si è candidato pure lui perché lo stavano facendo tutti. Farti superare in serietà percepita dal tuo ex alleato anche se quell’ex alleato è Matteo Renzi: check ✅
Ma soprattutto, una situazione che, nel caso dei partiti guidati da donne - ovvero, i due principali partiti italiani - complica ancora di più la campagna elettorale per le donne presenti nelle liste.
Nel caso di Meloni e Schlein, infatti, il voto per le leader di partito rischia di assorbire l’unico voto che va indirizzato, da regolamento, a una donna. Con il risultato che, a sostituire le leader che non entreranno davvero all’Europarlamento, sarà invece un uomo.
Per quanto riguarda Meloni, le aspettative relative a una leadership che favorisse davvero le donne erano già bassissime: già nell’attuale Parlamento italiano Fratelli d’Italia è uno dei partiti peggiori per equilibrio di genere, con solo il 31% di deputate (37 su 118). Nel PD, invece, su questo tema si è consumato il solito psicodramma.
La toxic relationship per eccellenza.
Per tenere insieme l’equilibrio di genere e gli equilibri, ancora più difficili da mantenere, delle correnti Dem, Elly Schlein aveva inizialmente provato a proporre delle alternanze in cui il proprio nome figurava come terzo in lista in tutte le circoscrizioni, dietro ad una donna proveniente dal mondo “civico” come capolista e un uomo per rispettare l’alternanza.
Uno schema a “panino” (eccoci) che però avrebbe visto le donne del Partito Democratico accontentarsi solo della quinta posizione o peggio, con la quasi matematica certezza di non essere rielette. Un’ipotesi che non è stata esattamente apprezzatissima.
Alla fine si è deciso di optare per la candidatura di Schlein solo in due circoscrizioni (Centro e Isole) con altre due donne esterne al PD come capolista (Cecilia Strada nel Nord-ovest e Lucia Annunziata al Sud) e un uomo, Bonaccini - leader della minoranza del partito - in testa nel Nord-est. Una scelta di compromesso che comunque penalizza le donne in due circoscrizioni che costituiscono quasi un terzo dell’elettorato italiano.
Nelle ultime due elezioni per il Parlamento europeo in Italia, la percentuale di eurodeputate donne sul totale è aumentata sensibilmente: 40% nel 2014 rispetto al 21% del 2009, e 42% nel 2019.
La speranza è che queste scelte verticistiche non ci spingano verso l’ennesimo passo indietro.
📰 Rassegnami
Le vie dell’aborto autogestito, come si pratica e perché in Italia è illegale
Diritti sessuali e riproduttivi, a che punto siamo nel mondo? Ne ho scritto per The Wom.
Giustizia mestruale, quanto costerebbe il congedo allo Stato?
🎯 Nominare è fare esistere
Solo il 16% delle biografie presenti su Wikipedia riguarda le donne: una percentuale impari e incrementata dal lavoro di Wikidonne. In questo spazio ridiamo spazio: una bio per ogni numero. Storie per riscrivere la storia.
Simone Veil
“Eravamo convinti che, se i vincitori del 1945 non fossero riusciti a raggiungere una riconciliazione rapida e completa con la Germania, le ferite di un'Europa già lacerata tra Est e Ovest non sarebbero mai guarite, e il mondo sarebbe quindi andato in contro a un altro conflitto ancora più devastante di quelli precedenti”
Simone Veil
Simone Veil, sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti e figura centrale del femminismo in Europa, fu anche la prima presidente del Parlamento europeo direttamente eletto nel 1979 e la prima donna che abbia mai ricoperto questo ruolo.
L'ascesa politica di Simone Veil ebbe inizio con una carriera in ambito legale. Nel 1974 entrò a far parte del governo francese in qualità di ministro della Sanità sotto la presidenza di Giscard d'Estaing.
Poco dopo la nomina combatté un'aspra battaglia per la legalizzazione dell'aborto in Francia, che si concluse solamente quando l'opposizione nell'Assemblea nazionale aderì alla sua causa per far approvare la legge, nel 1975.
La legge fu percepita come un risultato significativo e divenne nota come "la loi Veil", cioè "la legge Veil".
Quando nel 1979 il presidente Giscard d'Estaing le chiese di guidare il suo partito nelle prime elezioni dirette del Parlamento europeo, Veil accettò con entusiasmo.
Venne eletta al Parlamento europeo, che la scelse come presidente, diventando la prima persona a ricoprire questo ruolo in seguito a elezioni dirette e la prima donna alla guida di un'istituzione dell'UE.
Due anni dopo vinse il premio Carlo Magno, conferito in onore del contributo dato all'unità europea. Nel 2011 la piazza di fronte all’edificio principale del Parlamento europeo a Bruxelles è stata battezzata Agora Simone Veil in suo onore.
🌱 La parola
Quote di genere
(Sento arrivare già i dibattiti, ripatire dalle definizioni)
Strumento di misura positiva volto ad accelerare la realizzazione di una partecipazione e rappresentanza equilibrate in termini di genere tramite la definizione di una proporzione (percentuale) o di un numero prestabiliti di posti che devono essere coperti/assegnati dalle/alle donne e/o dagli/agli uomini, di solito in base a determinate regole o criteri.
Le quote possono essere applicate al fine di correggere un precedente squilibrio di genere in aree e a livelli differenti, tra cui le assemblee politiche, le posizioni decisionali nella vita pubblica, politica ed economica (consigli di amministrazione di società), nonché per garantire l'inclusione delle donne e la loro partecipazione in organismi internazionali, oppure come strumento di promozione della parità di accesso a occasioni formative o posti di lavoro.
🍸 Coraggio liquido
Gin Panda è un gin premium distillato e imbottigliato in Belgio (per restare in tema), 100% organico e il primo al mondo a essere fatto con il litchi (il ciliegio della Cina). Bevetelo e vi sentirete più o meno come le donne italiane che fanno politica: una specie rara e protetta (poco protetta).
❤️ L’amore è una playlist
Il sabato mattina è per la pace e per questo:
💫 Autodiagnosi e cura
Autodiagnosi: i commenti a margine delle cose che non sono margine.
Cura: i gelsomini prima di tutto.
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