Ora anche dal parrucchiere si parla di patriarcato. Lo stesso che mi dice “vedo che stai in forma” se indosso un paio di leggins. Come le serie tv di cui parlano tutti, mi annoia quando un concetto viene così masticato da essere sputato ovunque e comunque.
Nominare il patriarcato significa dargli esistenza. Ma dall’esistenza alla decostruzione non ci passano solo le parole. Ma un duro durissimo lavoro fatto di tempo, sudore, lacrime, certezze granitiche che si sgretolano, passi avanti e poi indietro e poi avanti ancora, pensieri e momenti che erano in un angolo della mente e ora risalgono a galla per farsi luce ed essere letti.
Il movimento femminista - nella sua dimensione di pensiero, azione e critica - questo lavoro lo ha già inaugurato, portato avanti, consolidato: l’identità delle donne è fluida per definizione, un cantiere sempre aperto che trova nell’apertura delle definizioni la sua forza. Storicamente relegate alle definizioni altrui, abbiamo scoperto percorsi faticosi per definirci “altre”.
Ora tocca agli uomini. Perché non è l’essere d’accordo su “la violenza contro le donne è una cosa brutta” che ci salverà. La violenza maschile contro le donne ha a che fare con l’identità maschile ed è lì che bisogna lavorare.
Lo scrive benissimo Francesco Piccolo su Repubblica, parlando delle “reazioni” degli uomini davanti ai casi di violenza maschile contro le donne. Gli stessi che, gli uomini, li hanno finalmente portati in piazza più numerosi:
Di fronte a tutto ciò, ci sono due strade: o il senso di estraneità (io non sono così), che spessissimo i casi più terribili portano a sostenere: io vivo una vita in cui è inconcepibile quello che è successo (e probabilmente, lo sappiamo, era inconcepibile anche per quel ragazzo); oppure il farsi carico; e cioè: proprio perché tutto quello che ho provato in questi giorni è stato il riconoscimento di una vita normale (per questo abbiamo pensato che potesse non succedere il peggio), allora c’è un gancio che unisce i nostri comportamenti quotidiani e i fatti estremi. E quel gancio è: come sono fatti gli uomini, e cioè: come siamo fatti. Visto che scrive un uomo.
Piccolo lo scrive a chiare lettere: non esistono uomini progressisti, “Esiste il maschio che non vuole essere ciò che è. E questo è il massimo del progresso che possiamo concederci. Poi, sia chiaro, siamo tutti individui uno diverso dall’altro, e in quanto tali possiamo perfino essere progressisti; ma in quanto maschi, no; in quanto maschi, siamo tutti uguali. Oppure, a voler essere generosi, ci assomigliamo molto (moltissimo), tutti, nelle caratteristiche fondamentali”.
Come ci si salva allora? Non cercando di salvarsi. Ma attraversando le fragilità:
Quanto più al maschio verranno sottratte arroganza e supremazia, sicurezza e predominio, tanto più si sentirà fragile; e quanto più si sentirà fragile, tanto più combatterà disperatamente. La fragilità ci rende spaventosi, noi maschi; tanto quanto ci rende spaventosi la violenza; soltanto nei maschi queste due caratteristiche sono legate. È attraverso questo che bisogna passare, lo si voglia o no.
“Siamo stati almeno una volta (e anche di più) nella vita quello che urlava sopra, che non faceva parlare, che doveva parlare prima lui; quello che spiegava come bisogna comportarsi, o come fare una cosa, o addirittura come bisogna vivere; quello che ha cercato di imporre il suo ruolo. Quello che manda messaggi ambigui per tutta la vita. Quello che sul treno si sente in dovere di rivolgere la parola a una donna che siede di fronte solo perché è carina, e non riuscirebbe a tornare a casa senza averlo fatto. Quello che si appropria delle idee delle altre, disinvoltamente. Eccetera, eccetera, eccetera”, continua Piccolo: non bisogna salvarsi, bisogna riconoscersi.
“Le regole sono cambiate, ma per cambiare gli uomini ci vuole un sacco di tempo. E però, intanto, quasi subito, gli uomini si sono già scocciati di queste regole”. Lo scrive un uomo. C’è ancora qualcosa — c’è ancora molto — che non funziona. Iniziare per capirlo. Non basta che sia “giusto”. Deve convincervi.
📰 Rassegnami
In occasione del 25 novembre, la redazione di Alley Oop - Il Sole 24 Ore ha pubblicato il dossier “Facciamo rumore - Lotta alla violenza contro le donne”
Una serie di contributi preziosi su più temi che vi consiglio tutti.
Il mio contributo: La violenza “quotidiana” è per strada
In Italia 1 donna su 2 ha paura a uscire da sola di sera, secondo i dati del rapporto Istat sul Benessere Equo e Sostenibile (Bes) 2022. Grazie a chi mi ha riportato la sua testimonianza.
Violenza economica, il 49% delle donne la subisce: ecco di cosa si tratta
Subdola, difficile da riconoscere, altrettanto pervasiva: la violenza economica è un’altra forma delle violenze che colpiscono le donne. Capire come individuarla è il primo passo per contrastarla e, l’indagine WeWorld con IPSOS, vuole metterla in luce. Ecco cosa è emerso.
Lavoro, il valore di includere: il primo summit di Diversity&Inclusion Hub
Diversità e inclusione non sono “semplicemente” temi etici. Ma obiettivi e leve strategiche che fanno bene all’intero sistema Paese e al mondo aziendale in termini di sostenibilità e crescita. È questo il filo rosso che ha attraversato il primo summit di Diversity&Inclusion Hub, l’osservatorio permanente e promosso da CORE dedicato ai temi della diversità e dell’inclusione nel mondo del lavoro che coinvolge attivamente gli stakeholder attivi sul tema al fine di incentivare l’adozione delle politiche di D&I nelle aziende e condividere case history e best practice. Il mio racconto per Alley.
"Violenza sistemica e non emergenza, patriarcato e cultura dello stupro e non bravi ragazzi, femminicidio e non raptus" ricorda l'Associazione italiana donne per lo sviluppo (Aidos), che nell'ambito del progetto Poster. Oltre gli stereotipi, ha appena diffuso online una guida pratica rivolta a "tutte le persone attive nel campo della comunicazione che vogliono promuovere l'uguaglianza di genere e sanno quanto i linguaggi e le rappresentazioni siano importanti per sostenere il cambiamento"
🎯 Nominare è fare esistere
Solo il 16% delle biografie presenti su Wikipedia riguarda le donne: una percentuale impari e incrementata dal lavoro di Wikidonne. In questo spazio ridiamo spazio: una bio per ogni numero. Storie per riscrivere la storia.
Le operatrici del 1522, il numero nazionale anti violenza e stalking
Non una, ma cinque: nella piccola stanza del centralino gestito dall’associazione Differenza donna nel centro di Roma, in un appartamento confiscato alla criminalità organizzata, ci sono cinque operatrici. Sono venti in tutto e fanno i turni per coprire 24 ore. Sono sedute una vicino all’altra davanti a dei computer, con dei separatori bianchi tra loro. Scrivono le storie di centinaia di donne e ragazze. Arrivano telefonate da tutta Italia, a qualsiasi ora.
Il servizio è stato introdotto in Italia nel 2006 e serve per aiutare le donne che si trovano in una situazione di violenza a uscirne. A volte questo significa intraprendere un lungo percorso di accompagnamento e di incontro con psicologhe, avvocate e operatrici specializzate nella violenza di genere. Altre volte questo primo passo conduce a denunce e processi.
“Qualche anno fa ci contattavano dopo otto o dieci anni che subivano abusi dal partner”, spiega Arianna Gentili, responsabile del 1522. “Ora dopo due o tre anni. Molte di loro hanno figli piccoli”. Chiedono qual è il punto di non ritorno, il campanello d’allarme che non devono trascurare: “La risposta che diamo è quella di prestare ascolto ai segnali che manda il corpo. Se la loro relazione crea ansia, insonnia, sintomi psicosomatici, disturbi alimentari o se sono terrorizzate all’idea di arrivare cinque minuti in ritardo a un appuntamento, perché questo potrebbe scatenare la furia del compagno, allora si devono preoccupare. Quel segnale è già sufficiente: abbiamo il diritto di stare in relazioni che ci fanno stare bene, che ci fanno sentire sicure”.
Come funziona il lavoro delle operatrici? Lo racconta Annalisa Camilli qui.
🌱 La parola
Stalking digitale
Come scrive Danila Giancipoli:
La storia dello stalking viaggia tra online e offline senza particolari preferenze: l’insieme degli atti persecutori che definisce lo stalking comprendono allo stesso modo molestie online o condotte fisiche abusanti.
Distinguiamo però lo stalking dal cyberstalking per motivi puramente sociali, poiché tutto l’insieme degli atti persecutori è riconducibile a reato. Gli atti di cui parliamo diventano sempre più complessi a causa delle possibilità che il web offre: social media, hacking, cracking, stalkerware o le app di messaggistica istantanea.
La legislazione e la giurisprudenza hanno l’arduo compito di rimanere al passo con tutte le possibilità che un molestatore ha oggi di praticare stalking online. L’art. 612-bis c.p., introdotto dal legislatore nel 2009, punisce il reato di atti persecutori, o come lo definiamo generalmente, stalking “quando taluno pone in essere una condotta reiteratamente molesta o vessatoria ai danni della vittima”.
Fare stalking attraverso strumenti informatici o telematici è motivo di reato aggravato, mentre nel caso del coinvolgimento di un terzo soggetto per perseguitare la vittima, la Cassazione con sentenza 26456/2022 ha elaborato la fattispecie criminosa di “stalking indiretto” che include l’invio di messaggi ad amici, parenti o conoscenti della vittima.
Secondo la rilevazione dell’Eurispes (2022) il 7,4% degli italiani dai 18 anni in su afferma di essere stato vittima di stalking; per 1 caso su 5 il molestatore è l’ex partner; gli atteggiamenti persecutori maggiormente diffusi risultano essere le telefonate e i messaggi ripetuti (60,4%) e gli appostamenti/pedinamenti (45,1%). Si evidenzia inoltre la diffusione sempre maggiore di reati informatici come il furto d’identità e l’inganno da falsa identità.
*Se pensi di essere vittima di cyberviolenza rivolgiti alla Polizia Postal o chiama il 1522. Puoi farlo anche in anonimato e senza l’obbligo di sporgere denuncia. In alternativa, contatta un centro antiviolenza per ricevere assistenza e consigli su come muoverti, difenderti e tutelarti.
🍸 Coraggio liquido
Un gin che è stato conforto: Nippon gin arriva dal brand di Mark Spirits, azienda italiana che per i suoi gin (Puppy, Sherlock e Baskerville) si è ispirata al piacere della scoperta che non caratterizza solo gli esseri umani, ma anche i cani. In particolare il segugio, cane elegante e curioso il cui fiuto eccezionale gli permette di percepire un mondo nuovo che non riusciamo a vedere. Nippon viene ottenuto con solo 5 botaniche - ginepro, tè verde sencha, pepe di sichuan, mandarino e gelsomino - ma al naso offre note erbacee, supportate dal dolce e delicato profumo del gelsomino. Equilibrio e decisione.
❤️ L’amore è una playlist
Su rap, sessismo, violenza etc. lascio qui uno spunto di riflessione: questa intervista di Daria Bignardi a Fabri Fibra e Umberto Galimberti.
💫 Autodiagnosi e cura
Autodiagnosi: fare casa con quel che rimane.
Cura: la tua grafia, come il tuo modo di stare al mondo, è tonda. Un cerchio completo, che occupa spazio, si fa vedere, non ha paura di dire io sono qui. Un cerchio che quando c’è bisogno si allarga e all’occorrenza si restringe per fare scudo. Difendere e proteggere.
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