Perché la vergogna cambi lato
Quello che in Francia sta facendo Gisèle Pélicot è un atto potentissimo per tutte. Quando la violenza scavalca le mura di casa non c'è più spazio per i mostri o i pazzi: ci riguarda. Vi riguarda.
Arriva in tribunale con il suo caschetto. Un paio di occhiali da sole a schermare gli occhi ma mai sé stessa. La vergogna non ci deve appartenere. Quello che in Francia sta facendo Gisèle Pélicot è un atto potentissimo per tutte. E, anche se non è il suo volto quello che dovremmo vedere ovunque - è il carnefice che dev’essere sul banco degli imputati, non la vittima - Pélicot ci sta dicendo una cosa precisa: per tutte le ragazze. Lo sto facendo per tutte le ragazze che non dovranno vergognarsi più. Perché "la vergogna deve cambiare lato e nessun altra donna deve subire quello che ho subito io".
Abusata per anni dal marito Dominique Pelicot e da decine di altri uomini mentre era incosciente, Gisèle Pélicot ha deciso di aprire a stampa e pubblico il processo che la riguarda e durante cui è stata costretta a riguardare i video della violenza subita.
Ma facciamo un passo indietro (parleremo di violenza per cui, se non te la senti adesso, non andare avanti).
Tutto parte nel 2020 quando Gisèle Pélicot venne convocata dalla polizia dopo che suo marito Dominique, era stato sorpreso a filmare le parti intime di alcune donne in un centro commerciale. La donna testimoniò a favore del marito ma, in quell’occasione, le forze dell’ordine la informarono di due cose: il marito era stato multato per lo stesso reato senza che lei lo sapesse nel 2010 e, soprattutto, durante le perquisizioni era stato trovato qualcosa che la riguardava personalmente. Ovvero una cartella denominata “Abuso” contenente centinaia di video e foto che ritraevano Gisèle incosciente mentre alcuni uomini abusavano di lei. Tutto il materiale era stato documentato con data e nome.
Nel computer del marito gli inquirenti hanno rinvenuto in totale circa 4 mila tra foto e video, meticolosamente conservati e catalogati dall’uomo. Immagini di circa 200 stupri subiti in dieci anni compiuti da 83 uomini in tutto, dei quali 51 identificati e arrestati.
"Confesso tutti i fatti di cui sono accusato, senza eccezioni", ha detto durante il processo Dominique Pelicot, accusato di aver drogato la moglie per 10 anni per stuprarla e farla stuprare da decine di uomini.
Nel silenzio, ha proseguito: "Sono uno stupratore". Poi si è rivolto verso il banco degli accusati, dove sedevano alcuni dei 50 coimputati con lui nel processo, e ha continuato: "Lo sono come loro, tutti loro conoscevano lo stato di mia moglie prima di venire, sapevano tutto, non possono dire di no".
SONO UNO STUPRATORE: il riconoscimento della responsabilità maschile è fondamentale per avviare un discorso nuovo e più profondo sulla radice culturale della violenza. Che ha a che fare con il potere, le relazioni di potere diseguali, il possesso. Il sesso non c’entra. Né l’istinto animale. Né la perversione o la follia. Gli stupratori non sono animali, né malati. Sono uomini comuni che si muovono tra noi. Per estirpare il fenomeno della violenza maschile contro le donne - che è un fenomeno per la sua diffusione strutturale - dobbiamo smettere di pensare che i carnefici siano mostri. Definirli mostri significa individuarli e circoscriverli in definizioni precise che non corrispondono alla realtà: “I mostri che uccidono sarebbero alla base della piramide, vivono nell’Italia del sud, in un quartiere degradato, sono poco scolarizzati, e sono caratterizzati da qualunque cosa possa spiegare anche una serie di comportamenti socialmente spregevoli” ha spiegato in un’intervista sul tema il filosofo Lorenzo Gasparrini.
Questo modo di pensare impedisce agli uomini di fare un discorso di genere. La domanda che dovrebbero farsi e non si fanno, secondo Gasparrini, è: “Cos’abbiamo in comune con gli stupratori?”.
La “mostruosità” annacqua le responsabilità. Sino a che gli uomini saranno più interessati a dire “non siamo così” invece che porsi in ascolto e in costruzione - chiedendosi, come suggerisce Gasparrini, “cos’ho in comune con uno strupratore?”, non faremo passi avanti. Le donne, ancora una volta, dalla loro parte questi passi li stanno mettendo a segno. E passano attraverso il rifiuto della vergogna che viene imposta alle vittime per cui non solo subisci, ma devi anche vergognarti.
Ribaltando il significato di “vittima” – che rimanda a una condizione di sottomissione e passività - e riappropriandosi invece della sua agency– intesa come una forma di particolare autonomia nell’azione, cioè una scelta tra azioni possibili, che promuove un cambiamento sociale – Gisèle Pélicot dice NON CI STO, NON MI VERGONO, NON DEVO ESSERE IO A FARLO. Un gesto singolo che diventa collettivo: sabato scorso in diverse città francesi si sono svolte manifestazioni femministe di solidarietà per Gisèle Pelicot.
A Parigi, Marsiglia, Bordeaux e Strasburgo si sono radunate alcune migliaia di persone e manifestazioni più piccole si sono svolte in totale in una trentina di città. Tra gli slogan più ricorrenti si sono visti “Io ti credo”, riferito al problema diffuso tra le donne che denunciano di non essere prese sul serio; “La vergogna deve cambiare lato”, perché spesso chi subisce violenze prova vergogna nonostante sia solo una vittima; e “Non tutti gli uomini, ma sempre uomini”, che cita un’obiezione che le femministe (eeeeccomi mi denunciooo) si sentono spesso rivolgere, e ribadisce che anche se quello della violenza di genere non è un problema che riguarda tutti gli uomini è comunque un problema maschile.
“Quello di Gisele Pelicot è un atto di coraggio incredibile, le siamo grate”, dice Elena Biaggioni, avvocata di D.i.Re Donne in rete contro la violenza. “Un processo di stupro celebrato a porte aperte ha un’importanza culturale: diventa denuncia sociale. Ed è stato così anche in Italia, fin da quel primo, clamoroso caso, nel 1976 a Verona” (l’avvocata Tina Lagostena Bassi difendeva una 16enne, chiese ed ottenne il supporto del movimento delle donne e cambiò la storia, ndr). Permette di portare la violenza fuori dalle mura domestiche e dai confini di quel singolo caso. E di conseguenza consente una riflessione pubblica sulla violenza e anche sui rischi di vittimizzazione secondaria della donna”. A porte chiuse, Gisele Pelicot avrebbe risposto alle stesse domande, in sordina. Ma è a porte aperte che “riprende davvero la parola, torna ad avere libertà di scelta”.
📰 Rassegnami
Rivoluzione GenZ, in Bangladesh gli studenti hanno fatto dimettere la premier
La rivoluzione della Generazione Z: è così che passerà alla storia il movimento di protesta dei giovani studenti che, ad agosto, in Bangladesh ha portato alla caduta del governo presieduto dalla prima ministra Sheikh Hasina. Le dimissioni della premier, dopo 15 anni di governo, rappresentano una svolta politica per il Paese e, a metterla a segno, sono le giovani generazioni bengalesi. Ne ho scritto per Alley Oop.Ius scholae, dare ai ragazzi nati in Italia il diritto di essere italiani
Attraverso le voci di diversi esperti e accademici, Alley Oop cerca di capire quali sono le opportunità che potrebbero nascere dallo Ius Scholae che però rappresenta solo un primo passo per garantire una eguaglianza nei diritti. L’Italia – dicono gli esperti – ha ancora molta strada davanti a sé ed è necessario che la politica agisca guardando al futuro e agisca con coraggio.
Per arginare disparità di genere e scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro in Italia, soprattutto al Sud, servono investimenti a lungo termine nelle infrastrutture sociali che sollevino le donne dal lavoro di cura. I risultati di un nuovo studio.
La salute invisibile degli uomini in una società che li vuole infallibili (e sani)
Tra i risultati degni di nota uno studio pubblicato sul Journal of Men's Health, spiega che i tradizionali canoni della mascolinità scoraggiano spesso gli uomini dal cercare cure preventive, con conseguenti peggioramenti della salute. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha scoperto che gli uomini sono meno propensi delle donne a cercare aiuto per problemi di salute mentale a causa delle aspettative della società. Secondo un sondaggio del Men's Health Forum, il 36 per cento degli uomini ha dichiarato di non essersi rivolto a un professionista sanitario nell'anno precedente per paura o imbarazzo.
🎯 Nominare è fare esistere
Solo il 16% delle biografie presenti su Wikipedia riguarda le donne: una percentuale impari e incrementata dal lavoro di Wikidonne. In questo spazio ridiamo spazio: una bio per ogni numero. Storie per riscrivere la storia.
Adania Shibli
“Quando non si può articolare liberamente il linguaggio si rimane chiusi dentro un confine che diventa anche interiore”
È nata nel 1974 in Palestina, Adania Shibli, e il suo nome è arrivato anche in Italia grazie e soprattutto alle sue opere. Vive tra Ramallah, in Cisgiordania, e Londra, la città che ha fatto da sfondo ai suoi studi e alla sua carriera. Dopo essersi laureata in Comunicazione e Giornalismo presso l’Università Ebraica di Gerusalemme, la scrittrice ha conseguito un dottorato in Media e studi culturali all’Università di East London.
La sua carriera, attualmente, si divide tra arti visive e scrittura. Adami Shibli, infatti, si occupa di spettacolo e teatro, collaborando anche con l’El-Hakawati Theater di Gerusalemme e con il Sakakini Cultural Centre di Ramallah. Ha pubblicato, inoltre, racconti e saggi narrativi apparsi in diverse antologie, ha curato libri d’arte e romanzi, e scrive per diverse riviste culturali in lingue differenti.
Il suo nome, in Italia, è conosciuto ai lettori grazie alle sue opere, tre per la precisione, che sono state tradotte nella nostra lingua. Stiamo parlando di Sensi, Pallidi segni di quiete, che è una raccolta di alcuni dei suoi racconti più celebri, e il romanzo Un dettaglio minore, selezionato per l’International Booker Prize 2021.
Che cos’è un “dettaglio minore”? In psicoanalisi è ciò che può schiudere l’universo dell’inconscio individuale, la feritoia da cui entra la lama di luce, il punto d’accesso al non dicibile. La scrittrice Adania Shibli, di origini beduine e palestinese “dell’interno” – come sono chiamati i discendenti dei palestinesi che nel 1948 rimasero a vivere nel neonato stato di Israele, stranieri o cittadini di minor grado nella loro terra – ha intitolato così, Un dettaglio minore, il suo romanzo (tradotto dall’arabo, con acutezza visiva e acustica, da Monica Ruocco, La Nave di Teseo 2021).
Il 20 ottobre 2023 la scrittrice palestinese Adania Shibli avrebbe dovuto ricevere il LiBeraturpreis 2023 alla Fiera del Libro di Francoforte. Il premio LiBeraturpreis viene assegnato ogni anno a scrittori e scrittrici provenienti da Africa, Asia, America Latina. Litprom, l’associazione che organizza la Fiera del Libro, aveva comunicato che la decisione della giuria era ricaduta su Un dettaglio minore di Shibli poiché l’autrice era stata in grado di “creare un’opera d’arte molto precisa dal punto di vista formale e linguistico che racconta il potere dei confini e cosa comportano le guerre per le persone. Con grande lucidità, Shibli [è riuscita] a volgere lo sguardo verso i dettagli più minuti, le sottigliezze che ci permettono di intravedere le vecchie ferite e le cicatrici che si estendono oltre la superficie”. La storia a cui gli organizzatori dell’evento avrebbero voluto dare risonanza per il suo forte significato è basata parzialmente su una vicenda storica e ripercorre gli abusi, seguiti dall’omicidio di una ragazza beduina da parte di un gruppo di soldati israeliani nel 1949.
Qualche giorno prima dell’evento, venerdì 13 ottobre, quella stessa storia ha assunto dei toni completamente diversi, troppo politici e fraintendibili. Cos’è cambiato è di fronte agli occhi di tutti, e anche sulla bocca degli organizzatori. “A causa della guerra iniziata da Hamas, che sta portando sofferenza a milioni di israeliani e palestinesi, Liptrom ha deciso di non ospitare la cerimonia di premiazione per il LiBeraturpreis […]. La legittimità del premio ad Adania Shibli non è mai stata messa in dubbio”. riporta il sito di Liptrom.
Spazio per ridare spazio. Adania Shibli, nel suo romanzo dal mancato premio, è riuscita ad unire le storie di due donne vicine e allo stesso tempo lontane nel tempo e nello spazio, (ri)creando la voce di un intero popolo grazie alla verità artefatta del romanzo e del suo linguaggio.
Qui Mis(S)conosciute - Scrittrici tra parentesi ne fa un ritratto perfetto.
🌱 La parola
Victim blaming
La colpevolizzazione della vittima consiste nel ritenere la vittima di un crimine o di altre sventure parzialmente o interamente responsabile di ciò che le è accaduto.
Questo ribaltamento della realtà è doppiamente grave: travisa la rappresentazione collettiva dei fenomeni e, ancor più, riverbera sulla percezione della realtà della vittima inducendola ad autocolpevolizzarsi.
Una delle sue funzioni, nell’attribuzione di colpa alla vittima, è una sorta di difesa, di rassicurazione sociale nel possibile esercizio di un controllo sugli eventi: se, ad esempio, la probabilità di subire una violenza sessuale è maggiore quando questa è associata a determinate caratteristiche della vittima, il non possedere quelle caratteristiche costituirebbe una sorta di riparo dal reato.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, il 27 maggio 2021, ha condannato pubblicamente l’Italia per i messaggi di vittimizzazione secondaria che sono contenuti all’interno di sentenze di Tribunale inerenti episodi di violenze sessuali, attraverso cui vengono veicolati pregiudizi sessisti sul ruolo femminile nel contesto italiano.
🍸 Coraggio liquido
Un elegante gin nella terra del Cognac. Rimaniamo in Francia, dove Jean-Sébastien Robicquet - da enologo a master distiller - era alla ricerca di ispirazione per dare vita a un gin “davvero nuovo”. E siccome si trova in Francia, attorno ai vigneti, l’idea è stata quella di raccogliere la fioritura delle uve (Fleurs de Vigne) per creare un gin decisamente innovativo. Nel 2002 nasce quello che oggi è il G’Vine Floraison: la botanica che lo caratterizza è il fiore di vigna, raccolto a giugno nei pochi giorni di fioritura. Sognare bevendo.
❤️ L’amore è una playlist
Ornellona mia insegnami tutto
💫 Autodiagnosi e cura
Autodiagnosi: terse consapevolezze, chirurgica lungimiranza, lessico forbito, scemenze sparse.
Cura: piccoli cerchi, dettagli curati, coccole precise.
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