Recidere
L'amore è una foresta, i funerali di Giulia Cecchettin e il potere preciso delle parole
Riflettere sui nomi delle cose. Dargli esistenza. Attraversare il dolore personale attraverso quello del mondo. Ogni fine anno è cenere che si sparge. La stessa da cui rinascere. L’adrenalina e la rabbia del 25 novembre deve recidere per costruire.
Lo ha fatto Gino Cecchettin con il discorso ai funerali della figlia Giulia.
“Carissimi tutti, abbiamo vissuto un tempo di profonda angoscia: ci ha travolto una tempesta terribile e anche adesso questa pioggia di dolore sembra non finire mai. Ci siamo bagnati, infreddoliti, ma ringrazio le tante persone che si sono strette attorno a noi per portarci il calore del loro abbraccio” dice Cecchettin davanti al feretro della figlia ammazzata. E quella angoscia in tempesta ci cade addosso. Possiamo sentirla tutta. Salire dai piedi e arrivare in testa.
I funerali sono riti oliati in cui l’emozione si strozza nelle routine burocratiche.
Gli occhiali scuri, i sorrisi tirati, le lacrime fredde, i marmi. Eppure, pure i funerali possono diventare atti politici: lo diventano nel momento in cui recidono per costruire. Lo diventano quando chi muore continua a vivere davvero non solo nelle parole. Ma nelle azioni.
È politico il gesto di Gino Cecchettin che decide di tenersi in piedi e parlare. Quando vorrebbe crollare e forse morire.
È politica la sua voce.
È politico il suo tono e come si modula quando si rivolge agli uomini, chiamandoli alla responsabilità:
Mi rivolgo per primo agli uomini, perché noi per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere. Parliamo agli altri maschi che conosciamo, sfidando la cultura che tende a minimizzare la violenza da parte di uomini apparentemente normali. Dovremmo essere attivamente coinvolti, sfidando la diffusione di responsabilità, ascoltando le donne, e non girando la testa di fronte ai segnali di violenza anche i più lievi. La nostra azione personale è cruciale per rompere il ciclo e creare una cultura di responsabilità e supporto.
È politico scegliere la speranza invece che la vendetta.
È politico dire non so pregare.
È politico dirlo in chiesa.
È politico affermare che “da questo tipo di violenza che è solo apparentemente personale e insensata si esce soltanto sentendoci tutti coinvolti. Anche quando sarebbe facile sentirsi assolti”.
È politico continuare a credere nel frutto d’amore, di perdono e di pace.
Leggere tra la righe, mettersi in ascolto. Ho ripensato a Natalia Ginzburg e al suo “Discorso sulle donne”. Mi ha dato forza e ho pensato che è questo che farei leggere a un uomo per provare a mostrare l’insondabile:
Le donne hanno la cattiva abitudine di cascare ogni tanto in un pozzo, di lasciarsi prendere da una tremenda malinconia e affogarci dentro, e annaspare per tornare a galla: questo è il vero guaio delle donne.
Le donne spesso si vergognano d’avere questo guaio, e fingono di non avere guai e di essere energiche e libere, e camminano a passi fermi per le strade con bei vestiti e bocche dipinte e un’aria volitiva e sprezzante (…) M’è successo di scoprire proprio nelle donne più energiche e sprezzanti qualcosa che mi indiceva a commiserarle e che capivo molto bene perché ho anch’io la stessa sofferenza da tanti anni e soltanto da poco tempo ho capito che proviene dal fatto che sono una donna e che mi sarà difficile liberarmene mai.
Ho conosciuto moltissime donne, e adesso sono certa di trovare in loro dopo un poco qualcosa che è degno di commiserazione, un guaio tenuto più o meno segreto, più o meno grosso: la tendenza a cascare nel pozzo e trovarci una possibilità di sofferenza sconfinata che gli uomini non conoscono forse perché sono più forti di salute o più in gamba a dimenticare se stessi e a identificarsi con lavoro che fanno, più sicuri di sé e più padroni del proprio corpo e della propria vita e più liberi.
Le donne pensano molto a loro stesse e ci pensano in modo doloroso e febbrile che è sconosciuto a un uomo. Le donne hanno dei figli, e quando hanno il primo bambino comincia in loro una specie di tristezza che è fatta di fatica e di paura e c’è sempre anche nelle donne più sane e tranquille. È la paura che il bambino si ammali o è la paura di non avere denaro abbastanza per comprare tutto quello che serve al bambino, o è la paura d’avere il latte troppo grasso o d’avere il latte troppo liquido, è il senso di non poter più girare tanto i paesi se prima si faceva o è il senso di non potersi più occupare di politica o è il senso di non poter più scrivere o di non poter più dipingere come prima o di non poter più fare delle ascensioni in montagna per via del bambino, è il senso di non poter disporre della propria vita, è l’affanno di doversi difendere dalla malattia e dalla morte perché la salute e la vita della donna è necessaria al suo bambino.(…)
Le donne sono una stirpe disgraziata e infelice con tanti secoli di schiavitù sulle spalle e quello che devono fare è difendersi dalla loro malsana abitudine di cascare nel pozzo ogni tanto, perché un essere libero non casca quasi mai nel pozzo e non pensa così sempre a se stesso ma si occupa di tutte le cose importanti e serie che ci sono al mondo e si occupa di se stesso soltanto per sforzarsi di essere ogni giorno più libero. Così devo imparare a fare anch’io per la prima perché se no certo non potrò combinare niente di serio e il mondo non andrà mai avanti bene finché sarà così popolato d’una schiera di esseri non liberi.
Ogni volta che cadiamo nel pozzo ne riaffioriamo arricchite. Non significa cadere. Ma riaffiorare con i poteri. Con la comprensione di leggere dove gli altri non leggono. La vita nella morte, nella caduta: la costruzione di sé passa sempre attraverso l’incontro con l’altro e, in questo movimento, vedo un mondo di ragazze sovversive che si tengono vive le une con le altre e indagano tutto. L’ironia, l’amicizia, il tormento per un uomo, la delusione, la speranza, il sesso, l’amore, la fatica. Mi salveranno sempre loro.
📰 Rassegnami
Cos’ha insegnato ai maschi Gino Cecchettin nel suo discorso al funerale della figlia Giulia
Il discorso di Gino Cecchettin al funerale della figlia Giulia è stata la decostruzione del modello di mascolinità patriarcale. Una lezione da mandare a memoria per chi dice che i femminicidi sono colpa di padri poco autoritari.
Perché lavoriamo? Cosa ci muove al di là della retribuzione
“Dare un senso” non dev’essere confuso con un’adesione totale tra vita e lavoro. È invece il desiderio di ritrovare nella propria sfera professionale i valori in cui si crede, per sentirsi interi e non doversi scindere.
La scelta tra lavoro e maternità è ancora obbligatoria
Sono quasi tutte donne le oltre 61mila persone che hanno dato le dimissioni nel 2022. Il motivo? La maternità è inconciliabile con il lavoro. E l'Italia resta sempre più indietro.
Questa vecchia intervista di Simonetta Sciandivasci a Emanuela Fanelli non invecchia
Cos’è il talento? Fare ciò che vuoi senza faticare troppo.
Il primo viaggio da sole è indimenticabile
Per le donne viaggiare in solitaria è ancora un'esperienza sorprendente. Lo sguardo e il corpo leggeri, il paesaggio che si sfrangia dietro di sé, mentre all'orizzonte, oltre le molestie velate, gli atti di gentilezza e le relazioni stravaganti, si staglia la sensazione che la libertà sia molto più vicina di quanto non sia mai apparsa prima.
Vademecum per sopravvivere alle feste (e alle domande indesiderate)
Ne avevo scritto un anno fa, se dovesse tornare utile, prendete e usatene tutt*.
Due anni fa mi avevano hackerato il Natale (la risolutezza della me del passato, le cose che mi salvano restano le stesse, la mia macchina che resiste).
🎯 Nominare è fare esistere
Solo il 16% delle biografie presenti su Wikipedia riguarda le donne: una percentuale impari e incrementata dal lavoro di Wikidonne. In questo spazio ridiamo spazio: una bio per ogni numero. Storie per riscrivere la storia.
Marisa Rodano
Storica componente del partito comunista, partigiana, prima donna nella storia italiana ricoprire la carica di vice presidente della Camera dei deputati (dal 1963 al 1968): con la perdita di Marisa Rodano siamo tutte più sole.
A lei, ad esempio, si deve il simbolo della mimosa per la Giornata internazionale della donna. Spiegherà che “il garofano c’era già per il Primo Maggio, l’anemone era troppo costoso, e così la mimosa venne naturale. Nei dintorni di Roma era facilmente reperibile nella bella stagione”.
Su Alley Oop, Manuela Perrone ne restituisce il profilo.
Tra ultime preziosa battaglie di Rodano, nel 2010, assieme a Daniela Carlà, M fonda Noi Rete Donne, rete nazionale che sostiene la democrazia paritaria perseguendo l’obiettivo di una adeguata partecipazione femminile ai vertici e in generale negli organi decisionali, di natura pubblica e privata, in tutti i settori: dalla cultura alla scienza, dal diritto alla politica all’economia. In un’intervista nel 2019 a NoiDonne legge con sorprendente lucidità la realtà delle donne: “Come Accordo di azione comune per la democrazia paritaria, abbiamo lavorato affinché fossero rimossi gli ostacoli che impediscono alle donne di essere candidate e di entrare nelle assemblee elettive a tutti i livelli: comuni, Regioni, Parlamento. Considero questo obiettivo raggiunto, il punto è che queste donne, una volta elette, hanno adottato un modello maschile e non svolgono la funzione che ci si attendeva da loro, ossia l’indipendenza dagli uomini, l’autonomia nelle scelte e nelle priorità. Rimane quindi aperto il grande tema dell’autonomia delle donne, una questione di grande attualità”.
Fino alla fine, Marisa Rodano indica con altrettanta lucidità la debolezza delle battaglie femminili oggi: “È venuta a mancare la consapevolezza dell’agire collettivo quale necessaria modalità e strumento di lotta per raggiungere obiettivi di emancipazione e liberazione della donna”. Più che la possibilità di passi indietro eclatanti, Rodano vede il rischio del sabotaggio, dello svuotamento dei diritti già acquisiti, e della mancanza di mordente sui fronti che lo meriterebbero.
“Oggi le donne sono sulla difensiva, il tema della violenza è centrale, ma c’è una difficoltà a individuare grandi temi su cui ritrovarsi unite. Penso che i grandi temi su cui le donne dovrebbero allearsi sono il lavoro, i servizi sociali adeguati alla situazione odierna, normative sull’assistenza alle persone anziane”.
🌱 La parola
Antifascismo
Atteggiamento umano e politico di opposizione al fascismo sia come ideologia sia come regime. Riferito alla storia italiana, la reazione morale e politica da parte di singoli, gruppi o partiti alla dottrina e alla prassi del fascismo al potere.
Per leggere i nostri ambigui tempi, sempre lui: Umberto Eco.
“Ritengo sia possibile indicare una lista di caratteristiche tipiche di quello che vorrei chiamare l’‘Ur-Fascismo’, o il ‘fascismo eterno’. L’Ur-Fascismo è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili. Sarebbe così confortevole, per noi, se qualcuno si affacciasse sulla scena del mondo e dicesse: ‘Voglio riaprire Auschwitz, voglio che le camicie nere sfilino ancora in parata sulle piazze italiane!’ Ahimè, la vita non è così facile. L’Ur-Fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme – ogni giorno, in ogni parte del mondo.”
Il Fascimo eterno
🍸 Coraggio liquido
Io cerco di dimenticarti ma poi tu: Alessandro Borghi, insieme a Guido Maria Brera e Paolo Spicuglia, lancia Gin7Pm. Perché “c’è un momento in cui finisci quello che devi fare e inizi con quello che vuoi fare”. L’amore chest’è.
❤️ L’amore è una playlist
Concerto di Calcutta, pubblico gentile, canzoni che non invecchiano, io sì. Preoccuparmi, vorrei solo addormentarmi.
💫 Autodiagnosi e cura
Autodiagnosi: comizi d’amore.
Cura: Sottrarre le parole, sentirle senza dirle.
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