La parola strega catalizza la mia attenzione ovunque la incontri, come se annunciasse sempre una forza che potrebbe essere mia.
C'è qualcosa, intorno a questa parola, che brulica di energia. Rimanda a un sapere legato alla terra, a una forza vitale, a una riserva di saperi che il sapere ufficiale disprezza o reprime. Mi piace anche pensare a un'arte che si perfeziona di continuo nel corso di una vita intera, un'arte a cui consacrarsi e che protegge da tutto, o quasi, fosse solo per la passione che vi si mette. La strega incarna la donna libera da ogni dominio, da ogni limitazione, è un ideale a cui tendere, e ci indica il cammino.
Mona Chollet, Streghe. Storie di donne indomabili dai roghi medievali a #MeToo
La skincare dopo un mental breakdown. Due sigarette consecutive sul balcone con la luna piena. Un giro in macchina con la musica preferita. Un’ora di funzionale. Uno spazio tutto per sé. I polpastrelli sulla tastiera e il cuore scoperto. Essere streghe oggi ha a che fare con precise routine di assestamento che tengono vivo e pulsante il contatto con quello che non c’è. Tutto ciò che è intangibile si sente più forte e, la stregoneria, altro non è che intuito sublimato. Eresia della ragione, degli schemi definitivi, dei nessi causali. Guardare oltre per immaginare oltre. Un fatto di destabilizzazione che, nel concreto, sconquassa lo status quo.
Per questo motivo, già nel XV secolo, le donne povere, emarginate o che soffrivano di malattie mentali erano le streghe ideali: non potevano essere sistemate da nessuna parte nell’ordine patriarcale e, per questo, andavano eliminate.
Ben presto la stregoneria divenne l’espediente più pratico per rimuovere dalla società le donne scomode. Tra esse figuravano libertine, lesbiche, tossicodipendenti, prostitute, levatrici, donne sterili o che praticavano l’aborto. Molto spesso le accuse partivano dalle loro stesse famiglie o comunità e, ovviamente, non solo dagli uomini.
Questo sistema funzionò particolarmente bene negli Stati Uniti, dove il credo più diffuso al tempo era quello puritano. La fede puritana si basa sulla predestinazione, cioè sull’idea che gli uomini siano stati mandati da Dio sulla terra con un destino già scritto, da cui non si può scappare. Il puritanesimo aveva così una visione della donna ancor più rigida di quella cattolica: la sua unica funzione era quella di essere un’ancella di Dio, una moglie devota e una madre esemplare, perché quello era il destino voluto per lei, in quanto discendente di Eva, la peccatrice originale. L’unica possibilità di vita per una donna era l’assolvimento cieco e obbediente a questa funzione.
Le persecuzioni a cui le streghe furono sottoposte - che ci arrivano grazie alle fonti dell’epoca come il Malleus Maleficaru - non erano solo di tipo fisico. Accanto alle torture, alle esecuzioni pubbliche, al clima di sospetto che avvelenò la vita di quegli anni, anche la lingua subì delle modifiche.
Ad esempio, come racconta Silvia Federici in Caccia alle streghe, guerra alle donne, il termine “gossip”, oggi sinonimo di pettegolezzo, inizialmente indicava l’amicizia tra donne.
Scrive l’autrice:
Attribuire un significato denigrante al termine che indicava l’amicizia tra donne è servito a distruggere le forme di socialità femminile prevalenti nel Medioevo, quando la gran parte delle attività femminili erano di natura collettiva e – quantomeno negli strati sociali inferiori – le donne formavano una
compatta comunità fonte di una forza ineguagliata nell’età moderna.
Non è un caso che “Tremate, tremate, le streghe son tornate!” sia diventato lo slogan del femminismo degli anni Settanta, che faceva della sessualità sovversiva la sua battaglia. In realtà, le streghe non sono tornate per il semplice fatto che in realtà non se ne sono mai andate.
Anche Mona Chollet, autrice della citazione in cima a questo numero, lo sa bene e il concetto è più che esplicito nell’arco temporale tracciato dal sottotitolo del suo Streghe, Storie di donne indomabili dai roghi medievali al #MeToo.
Secondo Chollet, il tragico e secolare fenomeno della caccia alle streghe starebbe all’origine di tutti quei pregiudizi che ancora influenzano in negativo la vita delle donne.
L’accusa di stregoneria, usata per ridurre le donne in uno stato di sottomissione e sudditanza, ha progressivamente adeguato i suoi connotati allo spirito dei tempi, riuscendo così in un’impresa bifronte: mentre il volto patriarcale non ha mai smesso di gettare uno sguardo occhiuto su ogni donna che non fosse conforme al proprio sistema di valori e voleri, le donne stesse, preoccupate di destare anche il minimo sospetto, hanno proiettato su di sé le prospettive di una visione altra e altrui, cioè quella maschile, in un cortocircuito perverso che non solo non ha messo fine ai roghi – reali e metaforici – ma spesso, artatamente, le ha rese artefici delle prime scintille.
I roghi cambiano aspetto ma permangono, stanno in tutti i posti in cui il controllo prende il posto della libertà, in cui i “devo” vengono prima dei “voglio”, nelle situazioni - tutte - in cui un presunto “tangibile e razionale”, quasi sempre deciso dagli altri, orienta le decisioni al posto del nostro sentire. Il rogo accade tutte le volte in cui il dubbio altrui si insinua in noi stesse. Tutte le volte in cui la razionalità presunta “neutra” mette a tacere il nostro inconscio che invece sa tutto prima. Essere streghe oggi è ascoltarsi senza remore. In modo selvaggio e spesso doloroso. Le fiamme bruciano ancora, usarle per accendersi una sigaretta e disinnescarle per reinventare il mondo dall’alto dello stesso picco da cui vogliono bruciarci.
📰 Rassegnami
Diversità e inclusione, chi può parlarne? La storia personale non basta
Essere esperti di diversità e inclusione non significa rappresentare la propria storia personale. Significa avere strumenti e esperienza sul campo per leggere la complessità e intervenire. Fare inclusione non è solo fare denuncia. Il post sui social possiamo farlo tutti. Fare inclusione per davvero significa passare da denuncia a responsabilità. Significa guidare con maturità i processi di cambiamento.Anche oggi sputerò su Hegel
Non basta sputare su Hegel: ci vuole un po’ di vera gratitudine verso le donne che hanno fatto tutta la fatica, che giorno dopo giorno hanno cambiato le cose e che non hanno nemmeno un nome, un ritratto, una lapide, perché non hanno avuto la parola. E ci vuole anche gratitudine verso le nostre figlie, che ci insegnano la libertà.
Uomini “forti” ma soli: perché gli stereotipi di genere danneggiano la salute mentale
Gli stereotipi di genere interiorizzati sembrano essere l’ostacolo principale alla fruizione della psicoterapia da parte degli uomini, per cui l'imperturbabilità maschile è associata alla virtù e l'emotività alla debolezza: preconcetti maschilisti che sistematicamente attribuiscono agli uomini caratteristiche di potere e alle donne quelle di sudditanza e genitorialità. Ne ho scritto per The Wom.
Guida online per un aborto libero
È online la guida per un aborto libero e informato La tua scelta zero ostacoli, uno strumento pratico per supportare chi desidera abortire in maniera sicura, che fornisce soluzioni ai principali ostacoli che si incontrano oggi all'interno del sistema sanitario in Italia prima, dopo e durante un'interruzione volontaria di gravidanza (Ivg).
🎯 Nominare è fare esistere
Solo il 16% delle biografie presenti su Wikipedia riguarda le donne: una percentuale impari e incrementata dal lavoro di Wikidonne. In questo spazio ridiamo spazio: una bio per ogni numero. Storie per riscrivere la storia.
Hamida Aman
Rendere invisibili le donne, rimuovendone la presenza dalla sfera pubblica e distruggendone il potere: da quando i talebani sono tornati al governo in Afghanistan, il primo strumento di repressione scagliato contro le donne è stato quello di privarle delle loro voci. Una repressione spietata che, nonostante la sua ferocia, incontra la resistenza di moltissime donne impavide: pur mettendo a rischio le loro vite, rifiutano il silenzio e continuano a parlare.
Tra queste, la giornalista Hamida Aman che con Radio Begum, la radio che ha fondato, continua a dar voce alle donne che resistono.
“Dobbiamo dimostrare che non riescono a spaventarci. Dobbiamo occupare la sfera pubblica”: le parole di Hamida Aman spiegano in modo inequivocabile l’obiettivo di Radio Begum, la radio simbolo della resistenza delle donne a Kabul e l’unico mezzo al momento disponibile alle ragazze per continuare a imparare.
La stazione radio è stata fondata l'8 marzo del 2021, nella Giornata Internazionale della Donna: “Begum – racconta Aman - è un titolo nobiliare dato alle mogli dei maharaja sotto l'Impero Mughal. L'ho scelto per restituire la loro nobiltà alle donne afgane, e in omaggio a mia nonna che si chiamava così”.
In un Paese dove il 57% delle persone è analfabeta, il potere della radio è molto importante perché è il mezzo più accessibile. Lo scorso novembre, le ragazze della provincia di Herat sono potute tornare sui banchi di scuola, ma in tutto il resto del Paese possono frequentare la scuola solo le bambine tra i sei e i dodici anni: in ventotto delle trentaquattro province, le ragazze e le donne che hanno più di dodici anni sono ancora costrette a casa. Nelle università non va meglio: hanno riaperto solo quelle private con classi separate.
Al momento la radio opera con il consenso dei talebani: dopo la rinascita dell’Emirato islamico, la fondatrice Hamida Aman ha incontrato il portavoce Zabihullah Mujahid, ottenendo il permesso di continuare a trasmettere, ma con l’obbligo di adattarsi alle imposizioni dettate dal regime. Prima di agosto, le dieci dipendenti della radio condividevano gli spazi con i colleghi uomini di una stazione radiofonica giovanile:
Ora le due stazioni si trovano su piani diversi, davanti all’ufficio delle donne è stato installato un pannello opaco, la politica è bandita e il pop è stato sostituito dalla musica tradizionale afghana.
Nonostante le restrizioni, l’obiettivo della radio è quello di espandersi nelle aree più rurali: come riportato dalla televisione privata Tolo news, dopo un mese dall’arrivo dei talebani, oltre centocinquanta media avevano già cessato la propria attività a causa di difficoltà economiche e delle restrizioni. Begum non riceve più introiti pubblicitari e le dipendenti sono alla ricerca di fondi per scongiurare la chiusura delle trasmissioni: tenere in vita la radio significa continuare a offrire un raro spazio di libertà per le donne afghane.
“Non ci arrendiamo”, ha promesso Hamida Aman in un’intervista ad Afp, “Dobbiamo dimostrare che essere spaventati non serve a nulla”.
🌱 La parola
Glitch feminism
Spezzare le categorie che tentano di descrivere l’identità, delineando un futuro fluido a partire dalla dimensione digitale: è questo l’obiettivo di Glitch Feminism, il manifesto femminista anti-corpo di Legacy Russell che disegna futuri fluidi all’interno dello spazio digitale. Come? Grazie alle opere di artisti che, con il loro attivismo, hanno esplorato il tema dell’identità andando oltre i propri confini fisici.
Glitch Feminism è un vero e proprio manifesto che, nero su bianco, definisce quella che è un’urgenza contemporanea: indagare l’identità, intesa come uno spazio illimitato, creando scenari che rifuggano dalle categorie tradizionali che ordinano il mondo.
Il glitch è un errore, uno sbaglio, una falla appunto. nella tecnocultura, il glitch è un aspetto dell’ansia meccanica, la spia che qualcosa è andato storto.
Russell ribalta il significato di glitch – normalmente utilizzato per indicare un’anomalia tecnologica – e se ne riappropria:
Il femminismo glitch è un moto di liberazione, un movimento in cui immergersi per demolire i limiti che definiscono il genere, la razza e l’identità sessuale.
🍸 Coraggio liquido
Fresco, vibrante, eterogeneo: nato a Ho Chi Minh City, storicamente conosciuta come Saigon, il Gin Baigur Dry viene prodotto nella prima distilleria artigianale a utilizzare un tradizionale alambicco in rame, oltre a essere il primo gin secco premium a venire prodotto nella città vietnamita. Risultato dell’unione di 12 botaniche locali distintive, viene combinato con 4 ingredienti classici del gin dimostrando che il potere del mix audace non sbaglia (quasi) mai.
❤️ L’amore è una playlist
Se c'è freddo ti do la mia giacca.
💫 Autodiagnosi e cura
Autodiagnosi: la calma è la virtù dei calmi,
Cura: C’è ancora domani, una coca cola zero, la pioggia dopo il cinema.
🥂Vuoi sostenere questa newsletter?
Puoi farlo parlandone, condividendola, girandola alle streghe che conosci oppure offrendomi il gin tonic che aiuta ad ispirarla con una donazione libera (grazie a chi lo ha già fatto). Parliamo di femminismi senza budget ma - intervistare, girare, fare, leggere, approfondire - è più facile con il tuo sostegno.
Se invece ti hanno girato questa mail per caso o per fortuna, puoi riceverla ogni sabato nella tua casella mail iscrivendoti qui: