L’unica proposta a cui applicherei il concetto di “naturale” e “biologico” è quello delle vacanze: da giugno a settembre, indistintamente. A metà del giro di boa, la stanchezza di un anno si fa a sentire forte e chiara ma - Hey, se sei una donna - potresti sentirla di più. Il fenomeno non è una suggestione del Comintern femminista ma ha un nome preciso: si chiama carico mentale.
Monique Haicault è la sociologa che per prima ha dato il nome alla cosa, utilizzando il termine “carico mentale” nel saggio La gestione ordinaria della vita a due del 1984. Qualche decennio dopo, è la fumettista francese Emma Clit a riportare il tema alla ribalta, con il bestseller Bastava chiedere! 10 storie di femminismo quotidiano (Editori Laterza): 41 anni, laureata in ingegneria, Clit si definisce una “femminista inclusiva e rivoluzionaria” e afferma impavida che i suoi disegni hanno un contenuto politico. Non a caso, raccontano con nitidezza situazioni che l’autrice ha vissuto di persona - come la violenza ostetrica e il sessismo sul posto di lavoro – illustrando storie comuni in cui ad essere protagoniste sono soprattutto le donne. Una scelta di campo precisa e necessaria perché, come ha dichiarato in diverse interviste: “le condizioni delle donne sono migliorate solo in apparenza”.
Le donne sono multitasking" e "volere è potere" sono soltanto alcune delle frasi ricorrenti con cui si giustifica il carico mentale, si invoca questo blasonato empowerment femminile e che in realtà nulla hanno a che fare con il benessere mentale. Perché per le donne il confine tra “fare quello che si desidera” e “fare quello che si deve” è molto labile.
Il carico mentale è quella cosa per cui sparecchi tu, pensi tu a dove andare stasera, arrivi prima a capire che se andate al mare forse vi serve prepararvi il pranzo per evitare la fila al ristorante, organizzi e anticipi le esigenze degli altri, gestisci i tuoi impegni prevedendo quelli delle persone che li vedranno coinvolti, coordini tutto in base a un’infallibile progettazione tarata sul minuto che include tutto fuorché il tuo benessere. Nel frattempo: scrivi, lavori, studi, “fai le cose tue” e ti accolli pure il mondo che ti dice che sei una cazzo di eroina.
Io non voglio essere un’eroina, io voglio non essere schiava del tempo. E invece mi pare che pure adesso, nell’epoca della rivoluzione professionale/della flessibilità/della leadership gentile, stiamo di nuovo facendo finta che tutto non sia sempre uguale: le mail in ferie continuano ad arrivarmi. La diligenza sul lavoro è ancora misurata dall’ora extra che metti a segno. Solo che lo si fa notare in modo più sottile. L’agenda piena è ancora sinonimo di rilevanza sociale.
Io in questa dinamica ci sono dentro eppure l’aborro. Riconoscerla è il primo passo per uscirne? Non lo so. Ma me lo auguro. Il lavoro non ci ama. In pandemia, il carico mentale ha assunto i contorni del burnout, un vero e proprio stato di esaurimento sul piano emotivo, fisico e mentale che conferisce la sensazione di non farcela più a sopportare gli eventi avversi.
In questi ultimi tre anni, l'evoluzione del carico mentale sulle donne ha avuto un impatto decisivo non solo sul piano individuale, ma anche su quello sociale, economico e globale: in un contesto mondiale in cui anche uscire di casa e condividere esperienze diverse risulta problematico, il peso del mondo si è tradotto in una sensazione di oppressione e perdita di stimoli.
A ciò si aggiunge il lavoro familiare, relegato esclusivamente alle donne: i dati dicono che, tra i 25 e i 64 anni, rappresenta il 21,7 % della giornata media delle donne (5 ore e 13 minuti), contro il 7,6% di quella degli uomini (1 ora e 50 minuti).
Come scrive la psicologa Biancamaria Cavallini su Alley Oop riguardo il “loop del fare”:
Quello che avviene è ben più subdolo. Anche quando – in un modo o nell’altro, volontariamente o coercitivamente – si trova del tempo vuoto, dello spazio, del riposo, ci si ritrova comunque incapaci di liberare la mente. Da cosa? Non è questo il punto. La maggior parte delle persone che mi raccontano questa sensazione, mi dicono che è semplicemente piena. I pensieri spesso non sono nemmeno distinti gli uni dagli altri. La sensazione, è più che altro quella di tanto – troppo – in poco spazio. Con la conseguenza che tutto si confonde e si mescola.
Trasformare la stanchezza, provare a fare chiarezza e - se necessario - smettere di provare. Luglio ha il peso del mondo addosso. Vorrei capelli ricci e vento. E un fare che, come scrive Enrica Tesio in un bel libro letto tempo e recensito qualche tempo fa, sia simile “a quello dell’albero che fa esprimendo qualcosa della propria natura, della propria essenza: fa portando a compimento se stesso”. Così il fare diventa felice e “chiude un circolo virtuoso attraverso la stanchezza lieta e mai tossica”. Questa newsletter arriva di lunedì ed è un reminder. Sopravvivete. Provate a dire no.
📰 Rassegnami
Un vecchio consiglio - o una ricetta magica - di Daria Bignardi che torna sempre utile.
No, il discorso di Sgarbi al Maxxi non è grave solo per “parolacce e volgarità”: Carolina Capria lo spiega bene in questo video.
Becoming Maestre: il cinema è un mestiere da donne
Cambiare lo sguardo. Guardare e non per forza essere guardate. Riconoscersi e dar modo ad altre persone di farlo. Il cinema è uno strumento potente di rappresentazione e, per ampliare la veduta, servono nuovi orizzonti: dare voce e spazio alle donne – in netta minoranza nel settore dell’audiovisivo - è solo un inizio. Con Alley Oop ho partecipato alla serata finale di Becoming Maestre: un trampolino di lancio - costruito da Netflix e dall’Accademia del Cinema Italiano – che dà importanti opportunità a una nuova generazione di professioniste nel cinema e nella serialità. Si vince e si cambia insieme.
Non possedere nulla per avere tutto
Liberi anche da ciò che i nostri contemporanei chiamano “femminilità” e “mascolinità” naturali. Riusciremo a lasciarci alle spalle il regime capitalista petro-sesso-razziale solo quando il piacere e la verità che esso ci promette ci sembreranno orribili e falsi.
Leggere i dati sui femminicidi oggi
Non esiste alcuna regolarità nei dati contenuti nelle tavole pubblicate, fino al caso limite dell’anno 2020, per il quale le tavole mancano del tutto. Risulta reperibile solo un’informazione sull’età media delle vittime (56,8 anni senza distinzione fra uomini e donne) e degli autori (41,9 anni, di nuovo senza distinzione di sesso), e pubblicata solo per il periodo 2016-2018. Oltre a essere un affare di uomini che uccidono donne (e anche altri uomini), gli omicidi sembrerebbero una manifestazione estrema di conflitto generazionale, con persone giovani che uccidono persone anziane.
“Mezzi per tutte”: la campagna contro le molestie sui mezzi pubblici
“Se noi prendiamo un qualunque nostro amico o compagno, al massimo teme che gli rubino il portafoglio. Noi come donne speriamo che ci rubino solo il portafoglio”. A dirlo è Arianna Vignetti di Roadto50% che, insieme a diverse realtà, ha lanciato la campagna “Mezzi per tutte”, un progetto di sensibilizzazione contro le molestie e le violenze sui mezzi pubblici che punta a renderli più sicuri e accessibili per tutti e tutte.
🎯 Nominare è fare esistere
Solo il 16% delle biografie presenti su Wikipedia riguarda le donne: una percentuale impari e incrementata dal lavoro di Wikidonne. In questo spazio ridiamo spazio: una bio per ogni numero. Storie per riscrivere la storia.
Wisława Szymborska
“Forse non ci sono campi se non di battaglia”: dice così una delle poesie sulla guerra di Wisława Szymborska, poeta polacca e premio Nobel per la Letteratura che nacque 100 anni fa.
Wislawa Szymborska cresce in una famiglia con tradizioni patriottiche e insurrezionali, frequenta la scuola elementare delle migliori famiglie di Cracovia. Intorno ai dieci anni comincia ad andare al cinema e racconta la sua prima esperienza sentimentale in una poesia. Nel 1935 viene iscritta al liceo delle Orsoline, cominciano allora i primi dubbi:
Per un periodo sono stata molto credente. Adesso si sente dire che la perdita della fede ha aperto la strada al comunismo. Nel mio caso le due cose non hanno avuto niente in comune. La mia crisi religiosa non nasce dal sapere che il parroco va a letto con la perpetua. I miei dubbi sono di natura razionale. La fede non dovrebbe essere concepita in modo dogmatico. Nessuno può dirsi completamente non credente.
Nel 1945 inizia a scrivere per l’inserto del quotidiano Walka e a frequentare i circoli letterari di Cracovia: è in questo ambiente che inizia a comporre poesie con continuità. Nel 1951 si iscrive al partito comunista. Szymborska esordisce ufficialmente come poeta nel 1952, con il suo primo volume di versi Dlatego zyjemy (Per questo viviamo). È un debutto sotto il segno del realismo socialista e grazie a questo libro viene ammessa all’Unione degli scrittori.
Nel 1957 grazie ad una borsa di studio del Ministero della Cultura, Szymborska va a Parigi e dai primi anni Sessanta inizia un’intensa attività di traduttrice dal francese. Nel frattempo insegna, pubblica alcuni libri tradotti dal ceco e dallo slovacco e si trasferisce in un piccolo appartamento, da lei definito “il cassetto”: è così piccolo che i mobili vengono fatti su misura. Ma per la prima volta dispone di un appartamento tutto suo con bagno privato e riscaldamento centralizzato.
In questi anni le sue poesie mostrano sempre maggior freddezza nei confronti della realtà politica del suo Paese:
Ho sempre guardato a tutta la sfera terrestre con la sensazione che ancora in altre parti del mondo si svolgono fatti terribili. Ma dopo una crisi profonda negli anni ’50 ho capito che la politica non è il mio elemento. Ho conosciuto gente molto intelligente per la quale tutta la vita intellettuale consisteva nel mediare su quello che aveva detto Gomulka ieri e oggi Gierek. Un’intera vita chiusa in un orizzonte così terribilmente ristretto. Così mi sono sforzata a scrivere versi che potessero superare questo orizzonte.
Nel 1966, come segno di solidarietà in occasione dell’espulsione del filosofo Leszek Kolakowski, restituisce la tessera al partito comunista. È un passo decisivo che mette a rischio il suo posto di lavoro. Le viene affidata una piccola rubrica di recensioni dal titolo Letture facoltative. Szymborska commenta così quel periodo: “È andata a finire bene. Ora non dovevo passare ore e ore in ufficio, non dovevo leggere chili di testi quasi tutti scadenti. Ora potevo scrivere quello che volevo”.
Nel 1988 viene ammessa nell’organizzazione internazionale degli scrittori PEN-Club prendendo parte all’incontro mondiale svoltosi a Varsavia. Nel 1991 viene assegnato alla poeta il premio Goethe grazie soprattutto all’opera divulgativa del suo amico e traduttore tedesco Karl Dedecius. Alcune sue poesie vengono inserite nei manuali scolastici tedeschi. Riceverà anche la laurea honoris causa dell’Università di Poznan e il premio Herder.
I riconoscimenti nel corso degli anni si moltiplicano fino al Nobel nel 1996.
Nelle motivazioni della scelta degli accademici svedesi si afferma che Szymborska “è autrice di una poesia che, con una precisione ironica, permette al contesto storico e biologico di manifestarsi in frammenti di verità umana. Si rivolge al lettore combinando in modo sorprendente lo spirito, la ricchezza inventiva e l’empatia, ciò che fa pensare talvolta al secolo dei Lumi, talvolta al Barocco”.
La poeta scriverà di lei: “Miei segni particolari: incanto e disperazione”. Amarla.
🌱 La parola
Not all men
La retorica difensiva per cui “Non tutti gli uomini sono stupratori” e che viene in messo in campo da molti uomini quando il tema del discorso – al tavolino di un bar come in una tribuna politica – è la violenza di genere, dal gender pay gap all'ennesimo caso di femminicidio trattato come emergenza e non come fenomeno sistemico.
Come capirlo facile facile?
Consiglio di visione: il film Promising Young Women, in cui il not all men viene sapientemente neutralizzato dimostrando che tutti sono convinti di essere, continuano a ripetere, bravi ragazzi. Ma nonostante questo, tutti si dimostrano disposti a esercitare violenza nel momento in cui l’occasione si presenta.
🍸 Coraggio liquido
Friselle&gin: il Gin Brusco li unisce. Prodotto 100% italiano, nasce in Puglia e ne prende odori e sapori. Il gin viene lasciato in infusione con pane di Altamura, origano, foglie di ulivo, pomodori secchi, angelica e coriandolo, racchiudendo in sé tutti gli aromi inebrianti di una frisella alle quattro del mattino.
❤️ L’amore è una playlist
Questa vi serve perché è lunedì.
💫 Autodiagnosi e cura
Autodiagnosi: niente di più complesso della semplicità.
Cura: avere sempre qualcosa da cui scappare, un gesto di tenerezza, “Hanno tutti ragione”, Paolo Sorrentino.
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