Uomini che non ce la fanno
"Femministe mi hanno cacciato dal corteo dell'8 marzo perché, pur essendomi stato chiesto di stare dietro, io comunque marciavo avanti": ditelo alle mamme, ditelo agli avvocati.
C’è una differenza abissale tra essere alleati e prendersi spazio.
La linea di demarcazione sta, appunto, nel “prendere” invece che nell’essere: un uomo alleato l’8 marzo (e sempre) eviterà di prendere e invece sarà.
Sarà:
disponibile a fare le tue faccende affinché TU POSSA ESSERE AL CORTEO IN PRIMA FILA. NON LUI.
possibilmente zitto, in ascolto.
amorevole e pragmatico.
responsabile nelle sue responsabilità.
ai lati, dietro, al margine. NON AL CENTRO.
Eviterà di:
fare del corteo dell’8 marzo l’attività del sabato pomeriggio
chiedere a te “do sta il corteo? Come ce vengo? Che se fa? Che me metto?”
marciare davanti anche quando la richiesta esplicita è stata “gli uomini un passo indietro”
mettersi al centro, fisicamente e psicologicamente
attaccarti lo psicodramma su quanto sia o no decostruito. Proprio oggi, mentre esplodi di rabbia e amore.
Amiche belle, un consiglio non richiesto per i prossimi 8 marzo e valido per i giorni più difficili della vostra vita: spegnete il telefono, non rispondete alle richieste, rinunciate alla cura, disertate, state con le femmine, state con le donne della vostra famiglia perché l’8 marzo la loro assenza pesa di più. Le radici se mancano si sentono.
Coltivate gli universi femminili, il loro sapere, la luce che emanano. Anche e soprattutto quando la luce, fortissima e abbagliante, arriva dalle donne a cui vi lega non per forza l’amore. Ma la soggezione, l’imbarazzo, il senso di colpa.
I rapporti tra donne non sono per forza idillici, esattamente come la solidarietà non si lega in virtù dell’appartenenza allo stesso genere, ma sono fatti di complessità che vanno esplorate.
“La migliore alleata è la ex del tuo ex” scrive Simonetta Sciandivasci sulla Stampa. Beh, è vero.
La riflessione, su uomini in testa e rapporti complessi tra donne, nasce proprio all’indomani del corteo romano dell’8 marzo. Come ha sottolineato
nella sua newsletter, è stato lampante “constatare quanto poco conta la volontà delle donne a fronte della necessità degli uomini eterocis di fare un po’ come cazzo gli pare”.Per il corteo dell’8 marzo, infatti, era stato chiesto agli uomini di lasciare la testa alle donne e alle persone trans: chiedere di lasciare spazio alle persone protagoniste della lotta non significa escludere gli uomini dallo spazio o dalla partecipazione.
La richiesta di fare un passo indietro, lineare e facile da comprendere per un “vero alleato”, non è stata di così facile comprensione per diversi uomini etero cis che, oh, comunque là stavano: in testa, a dirsi alleati. A dirsi “sto lavorando”. A dirsi “ma che ne sai che so maschio cis”.
Il modo - violento - in cui le richieste delle donne vengono accolte ci dicono tantissimo di quanto gli uomini hanno da fare. E sono loro a doverlo fare.
Francis Dupuis-Déri, ricercatore della facoltà di Scienze Politiche dell’Università del Québec a Montréal che da tanti anni si occupa di anarchismo, movimenti sociali e femminismo, parla di necessario dispoteramento degli uomini. Come scrive l’autore in un testo pubblicato all’interno dei movimenti femministi e pro-femministi del Québec:
Il dispoteramento degli uomini non implica la riduzione della nostra capacità di agire, o diventare meno sicuri e meno forti in quanto esseri umani, ma solo in quanto uomini e per questo membri della classe dominante e privilegiata nel patriarcato.
L’impegno degli uomini in un processo individuale e collettivo di dispoteramento consiste perciò nel ridurre il potere che esercitiamo individualmente e collettivamente sulle donne, comprese le femministe.
Chiaramente, il loro impoteramento dipende da loro stesse, e nessun uomo può emancipare le donne al loro posto o in loro nome. Il disempowerment degli uomini deve servire, quindi, a facilitare l’empowerment delle donne.
Francis Dupuis-Déri propone anche una “Piccola guida al dispoteramento per uomini pro-femministi”, di cui riporto alcuni punti salienti:
Lasciamo alle femministe la loro lotta: ricordiamoci sempre che la lotta femminista è la lotta delle donne, non la nostra.
Noi siamo ausiliari: siccome la lotta è la loro e non la nostra, dobbiamo considerarci ausiliari, cioè non prendere la guida, non dare ordini.
Consideriamo anche la praticità: in alcuni casi può essere più facile riprodurre le norme di genere, e non dovremmo stupirci se alcune femministe ci chiedessero di svolgere compiti convenzionalmente maschili, come prendere parola in pubblico, impostare un computer, assicurare la sicurezza fisica di un evento, ecc.
Non siamo indispensabili, e a volte possiamo anche essere indesiderati: è possibile che, in alcune o anche tante occasioni, alcune femministe non ci vogliano né accanto né con loro e che preferiscano stare tra loro (separatismo).
Non aspettiamo che ci spieghino: le femministe hanno già molto da fare. Proviamo a informarci noi stessi sul femminismo e il patriarcato, con libri, film e video o altre fonti (per quanto mi riguarda ho trovato molta ispirazione da autrici femministe come Christine Delphy, Patricia Hill Collins, Colette Guillaumin, Catharine MacKinnon, Monique Wittig, Virginia Woolf. Ce ne sono anche tante altre).
E poi, l’indicazione essenziale e che reputo la più preziosa e funzionale in questo momento:
Rompere la solidarietà tra maschi: un dominio di classe si mantiene quando i dominanti sono solidali tra loro e mantengono il loro “potere con” gli altri dominanti.
Le donne hanno la festa dentro - “il femminismo è la mia festa” scriveva Carla Lonzi, e questo l’8 marzo e sempre devono fare: celebrarsi e celebrare senza preoccupare di dire, fare, insegnare. Ripetendosi, invece, quel consiglio precisissimo che Daria Bignardi non si stanca mai di dare: sacrificarsi è una fregatura. ù
Come scrive Bignardi:
Ripetete con me: “Se sto bene io, stanno meglio anche le persone che amo». «Non devo fare tutto io e non devo strafare”. “Se siamo una coppia di fidanzati, amici, coinquilini o sposi: la convivenza si basa su un’equa, paritaria, allegra e sportiva distribuzione delle incombenze domestiche”. “Gli eventuali figli vanno protetti ma non iperprotetti e il più bell’esempio che possiamo dargli è quello di essere persone contente, autonome e indipendenti”.
Per cui, compito in classe, per l’ 8 marzo e quando vi va: “Se non vivete in un posto dove avete modo di unirvi a una manifestazione femminista va bene anche una manifestazione privata. Vestitevi di fucsia, sputate su Hegel (cit. da Carla Lonzi), ballate Bandiera di Giulia Mei con le amiche, o davanti allo specchio. E guardate che lunedì interrogo”.
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Quando soffiano venti incerti, resistere resistere resistere resistere. Come si può, dove si può, utilizzando tutto.
Provando a non trasformare tutto in un femminismo carosello, il profilo della newsletter è un modo per divulgare quello che ci diciamo qui ma soprattutto intervenire più tempestivamente sulle cose che succedono. A seguire, ad esempio, commento il disegno di legge sul femminicidio approvato dal Cdm alla vigilia dell’8 marzo.
📰 Rassegnami
Dopo la pubblicazione dell’inchiesta “Voi con queste gonnelline mi provocate” realizzata in collaborazione con IrpiMedia, Espulse. La stampa è dei maschi, collettivo indipendente composto dalle giornaliste freelance
, Francesca Candioli, e Stefania Prandi, lancia una campagna di crowdfunding con l’intento di realizzare una nuova inchiesta sulle molestie nelle redazioni italiane. Attraverso il crowdfunding, sarà possibile continuare a fare giornalismo d’inchiesta di qualità, diffondere il lavoro attraverso incontri pubblici e partecipare a bandi internazionali.La distruzione delle cliniche riproduttive palestinesi da parte di Israele
È stata descritta nel rapporto di una commissione ONU, che ha parlato di un «atto genocidario» contro le donne della Striscia di Gaza.Reato di femminicidio, per i magistrati è una svolta. I nodi per i centri antiviolenza e le avvocate
L’introduzione del reato di femminicidio mette nero su bianco che l’uccisione di una donna in quanto donna è un fenomeno a sé stante rispetto all’omicidio e che, come tale, va valutato e giudicato, non solo a livello sociale ma a livello penale. Serviva davvero? È. giusto che la legge distingua tra femminicidio e omicidio? Quanto questo provvedimento influisce concretamente sulla lotta alla violenza contro le donne?
Senza spegnere la voce: la violenza ostetrica è violenza
a violenza ostetrica è violenza. Ma quando una donna lotta per sé stessa, lotta per tutte le donne. Da questo presupposto parte “Senza spegnere la voce. Il potere sul corpo delle donne: da Valentina Milluzzo a tutte noi “ (Nous), l’indagine della giornalista Giorgia Landolfo che fa luce sulla violenza ostetrica, un tema tanto scomodo quanto oscurato, partendo dalla storia di Valentina Milluzzo: il 19 ottobre del 2016, all’età di 32 anni, è morta all’ospedale «Cannizzaro» di Catania in cui era stata ricoverata, 17 giorni prima, a causa di una minaccia di aborto alla diciassettesima settimana di gravidanza. Ne ho scritto per The Wom.
Il 78% delle under 26 teme di subire violenza in amore e in famiglia
La violenza è un timore concreto e sempre più ingombrante per le ragazze, sia nelle relazioni amorose che in quelle familiari: è quanto emerge dall'Osservatorio indifesa realizzato da Terre des Hommes e da Scomodo che, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, ha raccolto la voce di oltre 2.900 ragazze. Ecco cosa raccontano i dati.
🎯 Nominare è fare esistere
Solo il 16% delle biografie presenti su Wikipedia riguarda le donne: una percentuale impari e incrementata dal lavoro di Wikidonne. In questo spazio ridiamo spazio: una bio per ogni numero. Storie per riscrivere la storia.
Marcella Corsi
Marcella Corsi è la nuova presidente della International association for feminist economics (Iaffe).
Tra le fondatrici di inGenere, Corsi, economista e ordinaria di Economia politica ed Economia di genere all'Università Sapienza di Roma - che dirige la rivista International Review of Sociology, e coordina Minerva Laboratorio su diversità e disuguaglianze di genere - presiederà quindi tutte le riunioni dell'associazione, concentrandosi sulla sua missione e sulla sua visione strategica, fino a organizzare la plenaria di chiusura della conferenza annuale, che dopo la scorsa edizione italiana, quest'anno sarà ospitata dall'Università del Massachusetts, negli Stati Uniti, intorno al tema della giustizia sociale e della solidarietà articolata in chiave femminista.
Nata nel 1992, la rete di Iaffe è cresciuta fino a diventare una comunità vivace di attiviste e ricercatrici che abbracciano molteplici discipline, con l'obiettivo condiviso di far progredire una ricerca economica inclusiva ed equa dal punto di vista di genere, prestando particolare attenzione alla situazione delle persone più a rischio di esclusione socioeconomica.
“Perché non parlare di sororitè?” afferma Corsi nel suo TEDx facendo riferimento a Olympe de Gouges, autrice della “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”.
Se le donne hanno diritto di salire sul patibolo, perché non sulla tribuna?
🌱 La parola
Dispoteramento
Secondo il dizionario anglofono Oxford e Collins, il disempowerment è ciò che “rende un individuo o un gruppo meno forte e meno sicuro di sé” (Oxford), o “priva un individuo di potere o autorità” (Collins).
Impoteramento (empowerment)
Un processo individuale e collettivo che implica una presa di coscienza politica, lo sviluppo di una forza politica e, di conseguenza, una capacità di agire in modo autonomo individualmente e collettivamente per ottenere l’uguaglianza sociale.
Scrive Francis Dupuis-Déri:
L’impoteramento femminista consiste dunque nello sviluppare il “potere di”, la capacità di agire e di fare, mentre il dispoteramento degli uomini consiste nel ridurre il nostro potere sulle donne e le femministe, mirando alla sua sparizione completa. Si tratta quindi di lavorare contro le istituzioni, gli atti e le attitudini che producono e consolidano, al livello individuale e collettivo, il nostro status di maschio e il nostro potere sulle donne.
🍸 Coraggio liquido
Suavia, oggi guidata al femminile dalle sorelle Tessari, è una delle aziende pioniere del Soave. Nata come azienda in proprio nel 1982 grazie alla lungimiranza di papà Giovanni (ma le attività di famiglia nel mondo del vino risalgono all'Ottocento), era allora una delle poche realtà venete in cui la qualità costituiva lo scopo centrale della ricerca aziendale. Oggi le figlie Arianna, Valentina, Meri e Alessandra, tutte presenti a vario titolo in azienda, gestiscono questa tipica e caratteristica realtà soavese. Suavia classico “è il vino delle terrazze fiorite e delle notti d’estate, il vino delle scampagnate in collina. Un vino profondamente italiano. La nostra idea di Soave: fresco, fruttato, dalla grande bevibilità e, allo stesso tempo, dal carattere inconfondibile”.
❤️ L’amore è una playlist
Figlia d’‘a Tempesta è un brano esplicito e fortemente schierato: una vera e propria parabola di vita femminile che mette in evidenza le pressioni sociali e i ruoli imposti alle donne fin dalla nascita. Non offre consolazioni ma è una rivolta cantata.
💫 Autodiagnosi e cura
Autodiagnosi: il vero potere di restare salde.
Cura: fidarsi del processo.
🥂Diffondi voce, fatti voce: offrimi un gin tonic & support LRSB
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Grazie di cuore per la menzione, Nicoletta! :)