Sarò chiara, chirurgica e diretta. Perché chiara chirurgica e diretta è la mia rabbia: “il femminicidio di Giulia Cecchettin ha scosso l’Italia” scrivono le testate internazionali. Beh, noi eravamo già scosse. Ora esplodiamo. Non so perché mi venga spontaneo parlare al plurale ma lunedì scorso, al presidio organizzato in Sapienza per “bruciare tutto”, ho tenuto la mano a una ragazza sconosciuta che ha preso il microfono per urlare la violenza che aveva subito. Le mie dita incrociate alle sue. Forte fortissimo, eravamo insieme senza conoscerci. Per questo, probabilmente, parlo al plurale:
Abbiamo tutte la stessa storia. Non parlo per nessuna eppure tutte potrebbero parlare per me. La rabbia adesso non basta. Dobbiamo essere strategiche, capillari, spietate.
Esattamente come lo è con noi il patriarcato che, se ancora non fosse chiaro, ci ammazza. Non ho perdono, non ho parole, non ho grazia né cura: ho amore che esplode. Amore per le donne, tutte, che attraversano la mia esistenza e la mia vita. Sto con voi. Per voi. So parlare? Parlerò. So scrivere? Scriverò. Farò quello che so fare affinché qualcosa cambi. Ci voglio libere, sguaiate, sicure, pazze, insormontabili.
Ho pensato di argomentare le fasulle fondamenta su cui si basa il “not all men”. Ho pensato di sottolineare quanto retorica e falsa sia adesso la solidarietà della stessa Polizia che “signorina, è un litigio tra coppie: faccia pace”. Ho pensato di portare al vaglio tutti i dati che mancano sulla conta dei femminicidi e del perché la ritrosia a chiamarlo così conti (ne scrive sempre benissimo
). Ma è stato già detto tutto.Non voglio convincere gli uomini. Non voglio sprecare la mia rabbia. Non voglio segnalare le mancanze, voglio colmarle. Il mio intervento durante il presidio organizzato da Sinistra universitaria - che unisce le voci delle altre meravigliose colleghe del corso di Gender studies - punta a questo:
Come scrive Linda Laura Sabbadini su Repubblica, io sento l’urgenza del sapere contro la cultura del dominio.
Sorellanza organizzata, questa serve secondo Sabbadini:
Chi deve porsi alla testa di percorsi di autodeterminazione sono le donne, siamo noi che dobbiamo ridefinire nuove regole del vivere civile. Dobbiamo averne consapevolezza e forza. La nostra è una battaglia contro la cultura espressa dal potere maschile che si basa sulla asimmetria di genere, uno squilibrio non più tollerabile. Per vincerla dobbiamo essere forti, e costruire la "sorellanza organizzata". Tutte unite, a prescindere dalle parti politiche o sociali, perché stiamo parlando della difesa dei diritti universali dell'umanità, nonché dello sviluppo civile, sociale ed economico del nostro Paese. Gruppi di donne capaci di diventare riferimento per le altre, diffusi in modo capillare nelle scuole, nei posti di lavoro, nei quartieri, che si supportino a vicenda e agiscano da moltiplicatrici di creatività e forza. Mettiamo al centro ciò che ci unisce e non ciò che ci divide.
Non si diventa femministe per caso. Lo diceva Michela Murgia. Oggi quel caso ha un nome: è la nostra storia. La stessa che abbiamo tutte e che oggi, non domani, deve cambiare. Ci vogliamo libere. Ci vogliamo vive.
Agli uomini, non serve essere degli stupratori seriali per perpetrare la cultura dello stupro: aiutateci. Aiutatevi. Non voglio odiarvi. Non vogliamo.
Le parole potenti di Sabbadini lo dicono bene:
Gli uomini non sono tutti uguali e neanche in maggioranza autori diretti di violenza efferata contro le donne. Quale è il problema? Molti la sottovalutano, ne diventano trasmettitori a volte inconsapevoli, con una complicità che sa di connivenza, contribuendo attivamente, o passivamente, alla creazione di quell'humus subculturale da cui la violenza germina. Il potere maschile patriarcale, in tutte le sue esternazioni, va definito con il suo nome, va denunciato, va svelata la miseria di chi nasconde la sua debolezza dietro crudele maschera patriarcale. Troppi uomini ancora si aggrappano a questo residuo ereditario quale unico potere che riescono a concepire in un'epoca di incertezze come la nostra. Gli uomini che si sentono diversi dagli altri potrebbero cominciare a rendersi protagonisti della battaglia contro il maschilismo diffuso, se davvero vogliono che figlie, sorelle, madri, compagne possano vivere in serenità e libertà. Se vogliono che non siano vittime del Turetta di turno: non un alieno, un mostro, ma la fotocopia di tanti che rivendicano il possesso dei corpi delle donne, che magari non arrivano al punto di uccidere, ma che esercitano violenza psicologica e controllo.
Ci vediamo nella piazza romana organizzata da Non una di meno.
Sempre, con amore. Per le ragazze che ci sono, per quelle che verranno, per chi siamo e chi saremo.
📰 Rassegnami
Come si contano i femminicidi in Italia
In Italia non esiste una banca dati istituzionale e pubblica in cui periodicamente sono registrati i femminicidi compiuti nel paese. Non esiste, cioè, un sito internet dove monitorare in modo puntuale e verificato la situazione, nemmeno dopo un anno. I dati ufficiali ci sono, ma si trovano in report a cura dell’Istat e del ministero dell’interno, aggiornati con tempistiche diverse e compilati senza la stessa metodologia.“Signorina è normale litigare”. Le donne denunciano, ma le forze dell’ordine non rispondono
Una chiamata al 112, la sera di sabato 11 novembre: un cittadino segnala di essere stato testimone di quella che sembra essere un’aggressione. Un litigio? Alle ore 23.18, le forze dell’ordine ascoltano il testimone raccontare di aver sentito urlare «mi fai male», e visto un uomo calciare una figura a terra, ma di non essere riuscito a prendere la prendere la targa dell’auto. In quel parcheggio, si scopre con amarezza solo giorni dopo, è avvenuta a quell’ora la prima aggressione di Filippo Turetta ai danni di Giulia Cecchettin.
Il campo di battaglia del patriarcato vacillante
La libertà femminile e la fine del consenso femminile al dominio maschile hanno inferto una ferita insanabile al patriarcato, che proprio perché è ferito e destabilizzato reagisce con maggiore violenza: finché le donne erano addomesticabili e sopportavano in silenzio, lo mostra bene il film di Paola Cortellesi che non a caso di questi tempi riempie le sale, non c’era bisogno di sopprimerle, bastava un ceffone di prima mattina per tenerle in riga. Oggi siamo più a rischio non perché siamo più oppresse, ma perché siamo più libere.
25 Novembre, per le bambine e le donne invisibili
🎯 Nominare è fare esistere
Solo il 16% delle biografie presenti su Wikipedia riguarda le donne: una percentuale impari e incrementata dal lavoro di Wikidonne. In questo spazio ridiamo spazio: una bio per ogni numero. Storie per riscrivere la storia.
Giovanna Iannantuoni
Per la prima volta una donna alla guida della Conferenza dei rettori: Giovanna Iannantuoni, rettrice dell’Università Milano-Bicocca, è stata eletta presidente della Crui, istituzione con 60 anni di storia. Su 85 atenei solo 11 hanno un vertice femminile.
Professoressa ordinaria di Economia politica, foggiana, 53 anni, Giovanna Iannantuoni sarà rettrice dell’Università Milano Bicocca fino al 2025. È stata presidente della Scuola di dottorato dello stesso ateneo dal 2015 al 2019. Nella precedente “legislatura”, Iannantuoni è stata delegata del presidente della Crui al Pnrr.
Nel suo discorso di insediamento la presidente del la Crui ha rivolto il suo primo pensiero agli studenti (e in particolare a Giulia Cecchettin):
“Più della metà dei nostri laureati proviene da famiglie in cui sono i primi a ottenere il titolo – ha commentato Iannantuoni, che si è detta orgogliosa ed emozionata per l’elezione –. L’università resta quindi, usando le parole del presidente Mattarella, un’occasione irripetibile nel medio periodo per migliorare la qualità di vita degli italiani. Un ascensore sociale che continua a funzionare, ma che dobbiamo far funzionare meglio. Dando ai nostri studenti la possibilità di esercitare a pieno il diritto allo studio e alle università le risorse per garantirlo. Risorse che significano, in primo luogo, residenze e borse di studio”. Dunque una presidenza che vuole porre al centro i temi più urgenti per garantire “il pieno funzionamento e rilancio del sistema universitario»: sostenibilità economica del sistema, uso efficace dei fondi europei, centralità della didattica innovativa, attenzione all’internazionalizzazione”.
🌱 La parola
Cultura dello stupro
Quando pensiamo a uno stupro, molto spesso le prime immagini che si prefigurano riguardano estranei che picchiano la vittima costringendola a un rapporto non consensuale. Tuttavia, i dati raccontano altro: la maggior parte degli stupri avviene da parte del partner e un’ampia parte delle donne che hanno subito violenza preferisce non denunciare e non raccontarlo nemmeno a persone fidate. Perché?
Esattamente per lo stesso motivo definito da Brownmiller nel 1975: la cultura dello stupro, ovvero quella cultura in cui gli abusi di genere vengono minimizzati, normalizzati e incoraggiati, e in cui vengono esercitati tutti gli atteggiamenti e le pratiche che giustificano e sostengono le forme di violenza che controllano la sessualità femminile.
Frasi come “se l’è andata a cercare” o “com’era vestita?”, oltre a rappresentare esempi lampanti di victim blaming - per cui si tende a colpevolizzare chi ha subito violenza - sottintendono che la vittima non sia stata abbastanza attenta e che abbia la colpa di non aver reagito a sufficienza o non aver denunciato subito.
Considerare come fosse vestita, se avesse bevuto, quanto fosse attraente o sessualmente libera sono concetti che si attivano non solo nei commenti e nella rappresentazione dei media, ma anche nei tribunali.
🍸 Coraggio liquido
Nel 1963 Achille Foletto creò due alcoliti con le botaniche preferite dalla moglie Maria, farmacista e appassionata di flora alpina: lamponi e fragoline di bosco Ledrensi (gli stessi di Picco Rosso). Gin 170th nasce in alambicchi di rame dove vengono distillate bucce di limoni del Garda e bacche di ginepro montano impreziosito con gli storici alcoliti di frutta. Un distillato di amore e passione: siate come Achille, l’amore si dimostra con il gin.
❤️ L’amore è una playlist
Tremi lo Stato, il cielo, le strade, tremino i giudici e le corti, a noi donne oggi tolgono la calma, hanno seminato paura, ci sono cresciute ali.
💫 Autodiagnosi e cura
Autodiagnosi: bisogno di riposo&oblio.
Cura: c’è sempre il cinema, i tavoli lunghi, i pranzi della domenica, le puntarelle al sole.
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