Il potere della pucchiacca
Se una donna che parla, reindirizzando le responsabilità al mittente, mette a nudo tutta l'inadeguatezza di un ministro (che infatti si dimette) il problema non è il suo.
Un uomo che prende il suo spazio è carismatico e assertivo. Una donna che rimanda le responsabilità al mittente, non permettendogli di guidare la narrazione, è “pazza e mitomane”: se non vedi il privilegio è perché lo detieni.
Per “l’inizio anno” di questa nuova stagione pensavo di tutto - e di fatto avevo pronte da inviare parole scritte al mare - ma poi la vita riesce a essere più irruenta dei pensieri sullo scoglio: mentre io pensavo, il ministro della Cultura Sangiuliano - ormai ex ministro - diceva alla persona che presentava pubblicamente come “consigliere ai grandi eventi” - Maria Rosaria Boccia - che “Io sono il ministro, io sono un uomo, io rappresento l’istituzione e in futuro nessuno crederà a tutto quello che tu dirai”.
E lei che fa? Registra tutto, creando consapevolmente quel database di materiale che ha diluito - e forse continuerà a farlo - attraverso il suo profilo Instagram per far crollare piano piano ogni menzogna sul suo conto e, alla fine, anche il ministero.
Quanti “peracottari” (nell'uso popolare romano, dice Treccani, “persona meschina che fa un’altrettanta figura meschina”) con cui abbiamo avuto a che fare sarebbero caduti così? Quante volte abbiamo protetto uomini immeritevoli e meschini per timore di “ledere” cosa? La nostra o la loro dignità?
E, soprattutto, perché la “presunta” dignità di una donna viene scandagliata in profondità mentre la responsabilità di un uomo viene del tutto invisibilizzata? Quanto hanno a che fare l’educazione e i ruoli di genere che mettono le donne al loro posto - ai margini - e gli uomini al centro?
I dettagli sono noti: Boccia e Sangiuliano avevano una relazione (di cui ha parlato solo lui) - definita poi “sentimentale” dallo stesso ministro (a essere precise, è il direttore del Tg1 Gian Marco Chiocchi nell’intervista esclusiva all’ex ministro a definirla così e Sangiuliano acconsente) - che terminerebbe quando il ministro Sangiuliano ritira la nomina per Boccia a “consigliera dei grandi eventi” (nomina che, dalle parole e dalle mail postate da Boccia, sarebbe stata avviata e firmata).
Lei avvisa, attraverso una storia Instagram, che “la vita è come un ristorante: nessuno se ne va senza pagare": e infatti presenta tutto il conto iniziando a raccontare, documentandola, la sua versione della storia. Qualcosa che, storicamente, alle donne non viene concesso. E, quando accade, sono comunque le donne a dover garantire la loro massima credibilità e affidabilità nel racconto.
Quindi, al di là della questione nomina sì/nomina no, quello che è interessante notare in tutta questa soap opera nostrana - che diventa politica non solo perché è coinvolto il ministro e gli interessi pubblici ma anche perché ci dice tanto su quella che è “l’ideologia” al potere - è il doppio standard riservato ai due protagonisti.
Boccia non si è mai dichiarata né una santa, né una persona priva di obiettivi. Non è un’ingenua e sa sfruttare a suo vantaggio le situazioni per ottenere quello che vuole. Tutto quello che è accaduto è un circo che non meritiamo - e che sconteremo alle urne, quando sempre più gente non voterà perché “fa tutto schifo” - e Boccia non diventa automaticamente un “modello femminista” o una paladina dei diritti delle donne per il fatto di aver preso spazio. Le sue posizioni politiche restano le medesime (a Marianna Aprile e Luca Telese che l’hanno intervistata ha detto di aver votato Giorgia Meloni) e sono quelle che hanno un’idea precisa di “donna”.
Criticabile o meno, qui l’intento non è ergerla a “icona femminista” per una presunta solidarietà di genere (la solidarietà tra donne è politica, non avviene mai per default) ma sottolineare come sia la sua condotta, più di quella dell’ex ministro - che dovrebbe interessarci di più ed essere messa al vaglio perché ci riguarda - ad essere messa sul banco degli imputati.
Boccia viene definita “bugiarda” (ma le dimissioni del ministro sono la prova concreta che probabilmente così non è), “mitomane” (quanti presunti arrivisti e arriviste girano intorno a deputati e deputate ogni giorno?) e anche “esperta pompeiana” (allusioni sessuali in riferimento a una donna attraente per lo sguardo maschile? Avanguardia pura!). La stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in barba al suo presunto femminismo, ha pensato bene di delegittimare completamente la voce di Boccia definendola su Rete4 “questa persona”: senza un nome né un cognome. Boccia risponde su La Stampa impeccabilmente:
“Chi si richiama i valori dell’essere donna ha il diritto e il dovere di difendere la propria dignità come ha fatto l’altra persona (Meloni ndr) quando ha interrotto una relazione profonda tramite un post sui social, dopo che il compagno (Giambruno ndr) aveva violato un sentimento d’amore. Mi chiedo perché io vengo trattata con arroganza, additata senza nome e cognome.
I comportamenti sessisti vanno sempre denunciati, come ha fatto lei anche utilizzando i social perché una donna deve proteggere la propria dignità indipendentemente dal ruolo che ricopre. Non si può rivendicare la dignità di una donna, offesa nei sentimenti, a fasi alterne. Inoltre non si può dirsi cristiani senza praticare il perdono. Io mi limito a difendermi da un comportamento sessista”
La risposta è da manuale di comunicazione politica perché:
Riprende le azioni messe in campo dalla stessa Meloni (caso Giambruno, ne avevo parlato qui) che sempre strizza l’occhio al piano personale. Lo stesso fa Boccia che porta quanto fatto dalla presidente del Consiglio a suo vantaggio (in sostanza, Boccia dice a Meloni: mi sto difendendo come hai dovuto fare tu).
Non sposta il piano del contenuto perché risponde nel merito della questione. Boccia può giocare nello stesso campo di azione perché lo comanda.
Richiama i valori programmatici della leader di Fratelli d’Italia - donna, madre, cristiana - dimostrando l’ipocrisia di Meloni che rivendica la dignità delle donne “a fasi alterne” e non pratica il perdono (ed è lei, appunto, a fare del suo essere donna e cristiana una bandiera elettorale).
Dimostra, con la sua “contro narrazione”, che nel racconto non può sempre “vincere” chi ha a disposizione ben 17 minuti ininterrotti di intervista al Tg.
Boccia si difende perché sotto i riflettori come “tentatrice” c’è lei. Mentre l’ormai ex ministro Sangiuliano - totalmente oscurato nelle sue responsabilità - sarebbe “persona squisita di primo livello, ma anche lui si è fatto fottere dalla ‘pucchiacca’ come dicono a Napoli, e mi dispiace” (a dirlo è stato Vittorio Feltri che è direttore del quotidiano Il Giornale e così, giusto per sottolinearlo, la stampa ha una responsabilità sociale nel veicolare e cambiare la cultura. Vi aspetto al varco quando parleremo di rispetto per le donne l’8 marzo).
Boccia, ad essere trattata come l’amante delusa e scaricata, non ci sta. Non “fa la vittima” come è stato detto. Né vuole essere la nuova Monica Lewinsky (Clinton, dallo “scandalo”, ne uscì più o meno indenne mentre lei diventò lo zimbello dell’intera nazione, le fu diagnosticato un disturbo post-traumatico da stress e visse come un’eremita per quasi vent’anni). La sua non è una vendetta d’amore per accaparrarsi Sangiuliano (“Io mi sento tradita dalle persone a cui voglio bene. Sicuramente dal ministro Sangiuliano mi sento non rispettata” ha detto a La Stampa) ma una presa di spazio e posizione precisa:
non permettere a nessuno di parlare al posto suo in una storia che la riguarda in prima persona e di cui il ministro ha responsabilità (è lui che ricopre un ruolo istituzionale, è sempre lui che avrebbe usato soldi pubblici, è sempre lui quello sposato, è sempre lui ad aver usato il suo potere per fini altri). Parlando, Boccia mette a nudo tutta l’inadeguatezza di un ministro che gestisce la “cosa pubblica” attraverso personalismi.
Il problema non è il suo: Boccia potrà essere opportunista, arrivista, priva di qualsiasi etica etc. ma, ecco, chi vuole scaricare l’affaire senza ammettere la responsabilità del fatto non è lei. Ma lui. E devi avere un ego e un privilegio smisurato per poter pretendere di avere le tue “tresche”, approfittare del tuo potere per “inciuciare” e farti il bello con le modalità che ti fanno più comodo, “farti fottere dalla ‘pucchiacca’” e poi scaricare il tutto come fosse una cosa di poco conto. Perché tanto sei una donna, io un uomo e un ministro per cui ti prendo, ti adoro, ti prometto cose e poi ti rimetto all’angolo.
Tutte le volte che una donna controbatte e prende parola - “poteva non dimettersi dicendo la verità dall’inizio” dice Boccia intervistata da In Onda, commentando le dimissioni dell’ex ministro - gli equilibri cambiano: e quando lo fa in modo nudo e crudo - con una certa postura e senza esitazione alcuna - tutto degenera.
Una storia che si ripete da secoli. Ho ripensato a “La Giuditta che decapita Oloferne”: il capolavoro di Artemisia Gentileschi che, nella sua opera, “rivendica” lo stupro subito da giovanissima. Gentileschi sceglie di fermare sulla tela il momento esatto della decapitazione del carnefice: Giuditta e la sua ancella lo uccidono e Gentileschi non si risparmia nel rappresentare lo sforzo fisico di entrambe, le quali si aiutano l’una con l’altra, complici dell’atto. Non sono vittime, sono soggetti che agiscono. Hanno forza, impeto, centralità (la stessa opera di Caravaggio, invece, ritrae le due donne in modo molto più docile e sommesso).
Chiaramente l’opera di Gentileschi non fu ben accolta. Esattamente come oggi, vedere metaforicamente “decapitata” la testa di un ministro - che diventa ex - da una donna che non ha remore nel farlo per difendersi, non ci fa riconoscere il suo potere: parlare per sé non permettendo che siano gli altri a raccontarla.
“Mai un euro del Ministero è stato speso per attività improprie - dice Sangiuliano nella sua lettera di dimissioni - L'ho detto e lo dimostrerò in ogni sede. Non solo. Andrò fino in fondo per verificare se alla vicenda abbiano concorso interessi diversi e agirò contro chi ha pubblicato fake news in questi giorni.” Questa storia finisce con le dimissioni? Magari inizia.
Lo vedremo ma intanto, amici Sangiuliano - termine ombrello per indicare tutti i meschini delle nostre vite - dovete smetterla di pensare che rimarrete impuniti per sempre. I nodi vengono al pettine e, quando arriveranno (stanno arrivando) ci faremo trovare con un gin tonic in mano e un paio di occhiali da sole a schermare le vostre illazioni. Ovviamente le lenti saranno smart Rayban.
📰 Rassegnami
Emergenza abitativa, la denuncia degli studenti: “Studiare fuorisede è diventato un lusso”
Come evidenziano i dati raccolti nell’indagine “Affitti studenti: cari, senza regole, tutele e benefici fiscali”, realizzata dall’Unione degli universitari (Udu) in collaborazione con Cgil e Sunia, il 62% dei fuori si dice in difficoltà nella ricerca di una casa. Per i 600.000 studenti universitari fuori sede non pendolari, l’affitto di un posto letto o di una camera incide sul loro budget fino all’80%. Ne ho scritto per Alley Oop.
Il potere rivoluzionario di una donna che ozia: perché il diritto al tempo libero è una questione femminista
Il diritto al riposo è una questione femminista e, nei giorni del “grande” rientro a lavoro, ricordarlo significa direzionare la bussola verso nuove consapevolezze. Se il lavoro di cura continua a essere principalmente a carico delle donne, per loro la rivendicazione sindacale “otto ore di lavoro, otto ore di ozio e otto ore di sonno” non è abbastanza: ecco perché. Ne ho scritto (con grande amarezza).
Al via in Francia il processo contro 51 uomini accusati di stupro
La vittima, Gisèle P., 72 anni, ha rinunciato al diritto di essere ascoltata a porte chiuse ed è arrivata in tribunale circondata dai suoi avvocati e dai suoi tre figli.
Secondo uno dei suoi avvocati “vuole guardare negli occhi” i 51 uomini di età compresa tra i 26 e i 74 anni che hanno abusato di lei e che rischiano una condanna fino a vent’anni di prigione.
Corpi, orgasmi e stereotipi glamour
Dalla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica a Venezia, le parole di Daniela Brogi: “Abbiamo visto, in generale, tanti attori nudi, assistito a lunghi amplessi, ascoltato orgasmi e spiato tante persone fare l’amore. L’erotica del cinema, da sempre e per fortuna, riguarda anche questo. Come sempre, tuttavia, il punto è cosa fanno accadere le immagini: da qui passa la costruzione di uno stile, di un punto di vista, di un’originalità autoriale”.
Perché abbiamo un problema con la parità di genere nella prossima Commissione europea
Dal Sud Italia tanti giovani vanno via, verso un Nord apparentemente più moderno. Ma cosa si perde quando ci si dimentica del Meridione? Franco Cassano suggeriva di conoscerlo e valorizzarlo per comprendere profondamente il mondo intero, grazie alla sua natura di crocevia tra Asia, Africa ed Europa, per il tempo più lento, che forse può ancora aiutarci a mitigare la solitudine di alcuni estremi della modernità.
🎯 Nominare è fare esistere
Solo il 16% delle biografie presenti su Wikipedia riguarda le donne: una percentuale impari e incrementata dal lavoro di Wikidonne. In questo spazio ridiamo spazio: una bio per ogni numero. Storie per riscrivere la storia.
Teresa Sarti Strada
Teresa Luigia Sarti, coniugata Strada è stata una filantropa italiana, cofondatrice con il marito Gino Strada della ONG Emergency, della quale è stata anche prima presidente.
Figlia di una casalinga e di un idraulico, subito dopo la laurea in Lettere Teresa Sarti si dedica all'insegnamento; comincia in una scuola media, nel quartiere della Bicocca a Milano.
Nel 1971 incontra Gino Strada, allora studente di medicina; i due si sposano e nel 1979 nasce l'unica figlia Cecilia Strada. Continua a insegnare alle scuole medie e superiori. Nel 1994 fonda l'ONG Emergency insieme con il marito.
Nei quindici anni alla guida di Emergency conduce progetti umanitari di cooperazione e sviluppo sanitari finalizzati alla costruzione e gestione di molti ospedali, tra cui un centro cardiochirurgico di eccellenza in Sudan. Pacifista, si spende per l'affermazione dei diritti umani e per la pace. Nel 2007 riceve il Premio Art.3 "per il suo quotidiano impegno volto a sollevare dal dolore le vittime della guerra e i meno fortunati".
Muore a Milano, a causa di un tumore, il 1º settembre 2009. Cremata, le sue ceneri vengono disperse nel Giardino del Ricordo del cimitero di Lambrate, un luogo dove le ceneri dei defunti possono essere sparse per essere assorbite dalla natura. Il 2 novembre dello stesso anno, giorno della commemorazione dei defunti, con tradizionale cerimonia presieduta dal sindaco Letizia Moratti il nome di Teresa Sarti Strada è stato iscritto al famedio del cimitero monumentale di Milano fra i benemeriti della città; il 21 dicembre la figlia Cecilia viene eletta presidente di Emergency, dopo che il ruolo era rimasto vacante in seguito alla morte della madre.
Nell’anniversario della sua morta, la figlia la ricorda così:
"I miei ragazzi all'istituto tecnico sgobbano molto più di mia figlia al classico, è una scuola dura", ripeteva un po' sdegnata se qualcuno osava trattare "i suoi ragazzi" come studenti di serie B. Ha amato gli anni al tecnico e quelli alle magistrali, ha amato così tanto portare le sue studentesse a Parigi che l'ho amato anch'io solo a guardare l'album delle foto.
L'amore della sua vita, probabilmente, è stata la scuola media di via Giolli a Milano. Penso che lì abbia imparato, vivendole ogni giorno, una serie di cose con cui poi si è confrontata tutta la vita. Le disuguaglianze. Quello che fanno alle persone, alle relazioni fra le persone. I pericoli che correvano "i suoi ragazzi" là fuori. Trovare una lingua alternativa a quella della prevaricazione, della rabbia o della violenza - l'unica lingua che c'era sul mercato per troppe persone.
Creare, cercare, conservare il bello in mezzo al grigio che cade a pezzi, perché non si può star bene in un posto brutto e una cosa rotta invita a romperne un'altra.
Ha imparato quel che si può realizzare insieme quando un gruppo di donne decide che si deve fare tutto il possibile per raddrizzare le cose e decidono di dare tutte se stesse per trasformare quella scuola il più possibile in un porto sicuro per tutte e tutti.
Ha imparato come si salvano vite - diversi studenti me l'hanno ripetuto, "tua madre mi ha salvato la vita". Poi tornava a casa e le insegnava anche a noi.
E oggi penso, chissà quanti semi sono volati in giro per il quartiere, per l'Italia il mondo a partire da quelle scuole che ha amato tanto.
E mando un abbraccio alla mia mamma, ma pure "alle sue ragazze e ai suoi ragazzi": Teresa Sarti Strada è morta il 1 settembre 2009, i suoi semi sono vivi un po' dappertutto.
Dal 6 all’8 settembre, a Reggio Emilia, c’è il Festival di Emergency. Il tema sono “Le persone”. ❤
🌱 La parola
Doppio standard
Si usa quando si applicano criteri di valutazione diversi nei confronti di persone che si trovano nella stessa situazione o hanno le stesse caratteristiche.
In ottica di genere, e guardando al mondo del lavoro, è il metro di giudizio – generalmente più severo – utilizzato nei confronti delle donne quando si tratta di valutarle. Che produce svantaggi nel reclutamento, nella promozione e nella retribuzione. Trucca la corsa. La rende più faticosa.
Lettura consigliata a riguardo: “Doppio Standard, Donne e carriere scientifiche nell'Italia contemporanea” di Camilla Gaiaschi, ricercatrice Marie Skłodowska-Curie all’Università di Losanna e docente di Pari opportunità e carriere scientifiche all’Università degli Studi di Milano.
🍸 Coraggio liquido
Il primo gin rosso al mondo, Tinto, viene da Valença, nel nord del Portogallo. Le rive del Minho intorno a Valença sono ricche di flora selvatica che cresce copiosamente e che, in gran numero, è concentrata in questo red gin: aneto, alloro per condire, erba gatta profumata alla menta, corteccia del salice bianco, sambuco miracoloso e melissa si fondono con il profumo persistente della foglia di eucalipto e l'aroma pungente del rosmarino e della lavanda.
A rendere Tinto così speciale, un’esclusiva tutta portoghese: il perico, un frutto particolare che arriva ad ottobre ed è il prodotto dell'innesto di una varietà di pera su un albero locale noto come escramboeiro. Unicità per questo inizio anno settembrino (e magari un weekend in Portogallo).
❤️ L’amore è una playlist
Per riallinearsi con il mondo:
💫 Autodiagnosi e cura
Autodiagnosi: difendere un tipo di pace precisa.
Cura: un tipo di sere precise dove le scarpe non servono.
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